A voler essere generosi, l’unica nota vagamente positiva che accompagna l’ennesima mazzata biancoceleste sui denti della Roma è rappresentata dalla presenza all’Olimpico di Monchi, il nuovo ds del club di Jim Pallotta, come sempre rigorosamente barricato in casa lontano da tutto e tutti. Perché Monchi si è potuto render conto di persona del (triste) stato in cui è ridotta, anzi è stata ridotta la Roma. E, dato che nel suo lavoro viene considerato tra i migliori in Europa, lo spagnolo avrà capito al volo cosa fare, con chi farlo e soprattutto con chi non farlo. Senza la minima distinzione tra panchina e campo, ovviamente. Perché è arrivato – improrogabile – il momento di non guardare più in faccia nessuno: chi vuole restare, chi vuole andare via e pure chi vuole (voleva…) restare solo in caso di vittoria. A forza di pensare – a tutti i livelli – ad esclusivi interessi personali, si è persa di vista la Roma. Abbandonata a se stessa e ai suoi zero titoli. Una Roma che, a quattro giornate dalla fine della stagione, non ha più uno straccio di certezza su niente, a cominciare dalla classifica. Farsi fregare per la terza volta di fila, e sempre allo stesso modo, dalla Lazio fa infuriare i tifosi ma deve esser anche motivo di accurata riflessione per chi guida la società. Troppe sopravvalutazioni hanno travisato la realtà: la Roma, è bene ricordarlo, può andare avanti senza chiunque. Non devono, non possono più esistere gli intoccabili, gli indispensabili; non servono alla Roma tesserati super stipendiati se in campo o in panchina vanno i loro fantasmi. Se il cuore viene lasciato a casa oppure viene dimenticato in qualche angolo della Capitale, quasi sempre guardando le stelle.
STECCA CONTINUA – Ecco perché Monchi, tutto sommato, ha davanti a sé un compito abbastanza facile per (ri)costruire la Roma. La scelta dei promossi e dei bocciati è talmente semplice che riuscirebbe ad azzeccarla pure uno non del mestiere. Figuriamoci il Re di Siviglia, l’uomo che – dicono – raramente sbaglia o ha sbagliato. E qui non si sta commentando soltanto il ko nel derby: le eliminazioni dalla Champions, dall’Europa League e dalla Coppa Italia stanno lì a testimoniare che la Roma ha steccato in continuazione, fallendo sistematicamente – tranne una o due eccezioni parziali – tutti gli appuntamenti decisivi. E, per questo, nessuno deve sentirsi innocente. Tutti sul carro dei colpevoli: chi ha costruito la squadra, chi l’allena e chi ne fa parte. Salvare qualcuno non avrebbe alcun senso compiuto. Resta solo da salvare il secondo posto, il miglior piazzamento dei perdenti.