Tra barbuti il feeling dev’essere scattato subito: un incontro, poche parole, sorrisi un po’ di più. E una stretta di mano. Monchi e Daniele De Rossi, nero e ruggine insieme, profumo di rinnovo: «La voglia e l’interesse reciproco sono gli stessi, vogliamo continuare insieme – ha assicurato il direttore sportivo –. Dovremmo essere particolarmente torpe, imbranati, per non riuscire a raggiungere un accordo di questo genere. Lo faremo, sicuro».
DA SOLO – È un annuncio, il titolo del Monchi in completo blu davanti a microfoni e taccuini. Quel dirigente che nel faccia a faccia con l’azzurro ha di fatto incassato la totale disponibilità di De Rossi per un contratto da 3 milioni di euro più bonus, presumibilmente di un anno con rinnovo automatico per una seconda stagione in base ad alcuni obiettivi da raggiungere. E per totale disponibilità s’intende anche la volontà di un calciatore disposto a trattare in prima persona con la Roma, mettendo così da parte qualche frizione con il lavoro del suo storico agente, che pure qualche chiacchiera con altri club l’aveva avviata (leggi Inter).
IL TECNICO – Il resto è un Monchi che ha pianificato prima di entrare in conferenza ogni dichiarazione. Come quella su Luciano Spalletti, sulle spalle del quale ha di fatto piazzato le responsabilità di una separazione: «Tra i pro che mi hanno spinto ad accettare la Roma c’era l’entusiasmo di poter lavorare con Spalletti – ha svelato –. Conservo la speranza che possa restare con noi: vedremo se ci riuscirò, altrimenti capirò». Ha già capito, probabilmente: Emery è in pole position.
STRATEGIE – Capito al punto di presentarsi con il pragmatismo di chi sa che il secondo posto Champions è traguardo fondamentale: «Il nostro futuro dipende dal presente. La Roma è ambiziosa, vogliamo arrivare secondi per il prestigio che comporta e la possibilità di attirare calciatori importanti, non solo per i soldi, a quelli si può supplire con il lavoro». E ancora: «Alla Roma avrò la possibilità di lavorare essendo me stesso. Mi piacciono i giovani, ma non è un’ossessione: voglio calciatori che, a prescindere dall’età, siano bravi e con voglia di vincere. Non vendo fumo, non esistono incedibili e ascolterò tutte le offerte. Il problema non è vendere, semmai è comprare male. Ma la Roma non ha un cartello appeso con scritto “si vende”, io ne ho uno dove c’è scritto “si vince”. Credete che io abbia lasciato casa mia per non vincere? Colmare il divario con la Juve non è facile. Ma neppure impossibile». Convincere di questo il mondo Roma sarebbe già mezzo trofeo.