La voglia di fare festa non era molta perché, anche se con tatto, il nuovo d.s. Monchi gli aveva annunciato la fine della sua carriera di calciatore, almeno con la maglia della Roma, e un futuro al suo fianco per diventare un grande dirigente. Ma al calendario non si comanda e così Francesco Totti, mercoledì sera, non ha potuto dare buca a due brindisi: uno per il compleanno di papà Enzo e uno per Radja Nainggolan. È alla festa del Ninja che i compagni di squadra hanno provato a consolarlo, perché la faccia del Capitano non è adatta a nascondere i sentimenti. Totti ha sperato che la società ci ripensasse, anche se sul contratto firmato un anno fa c’era scritto chiaro: ultima stagione. Un indizio importante era arrivato dall’ultima visita del presidente Pallotta a Roma, a metà marzo: nemmeno un minuto per incontrarlo faccia a faccia. Per Jim era già tutto definito. Totti è triste: voleva continuare a giocare. Monchi ha toccato le corde giuste e, soprattutto, ha dato un tocco di umanità al contatto con il giocatore più importante che la Roma abbia mai avuto.
Adesso alle parole devono seguire i fatti. Totti accetterà il ruolo di dirigente se, come ha detto Monchi, sarà operativo. E Monchi sarà una grande scuola per imparare a diventare un dirigente. Totti resta legato alla Roma da un contratto di sei anni da 600 mila euro netti a stagione. Una cifra importante, ma soprattutto un’opportunità per non staccarsi da quella che è stata sempre la sua vita. Per continuare a giocare dovrebbe andare all’estero, non certo in Italia. Stati Uniti? Australia? Cina? Le offerte potrebbero arrivare, sicuramente ricchissime, ma Totti sa che, accettandole, darebbe ragione a chi lo accusa di pensare più a se stesso che alla Roma. Aveva chiesto di non fare la «bandiera» e Monchi gli ha offerto di lavorare con lui al centro del progetto. La mossa giusta per far vincere la testa sul cuore