Spalletti si è preso i fischi dalla curva giallorossa alla lettura delle formazioni. Il tema era chiaro: l’umiliazione inflitta a Totti sette giorni prima, quando lo ha tenuto in panchina per 90’ contro il Milan, mentre tutto lo stadio lo voleva in campo per il saluto a San Siro. Ma è lo stesso Spalletti che, nel tribunale dei social e dell’etere romano, ha riguadagnato consensi dopo il 3-1 alla Juventus.
Domenica sera Totti è entrato in campo nel recupero, per due minuti, e non ha toccato mai il pallone. Alla fine è filato negli spogliatoi, senza andare con i compagni sotto la curva Sud, perché per lui era come non essere mai entrato. La faccia scura, lo sguardo in direzione ostinata e contraria a quella di Spalletti, che forse voleva stringergli la mano ma ha presto desistito. È andato via dall’Olimpico da un’uscita secondaria. Spalletti ha detto spesso: «Non va bene se non lo faccio entrare, non va bene se lo faccio entrare». In realtà, non tutte le gare sono uguali: contro il Milan, che vagava come un pugile suonato, c’era lo spazio per dare a Totti un minutaggio decente; contro la Juventus, che aveva buttato in campo i titolari dalla panchina, era un’altra faccenda. Ma quando un rapporto non funziona si perde la capacità di capire le ragioni dell’altro.
La domanda è: dopo l’addio del 28 maggio — a cui sarà presente anche Pallotta — Totti e Spalletti potranno lavorare insieme, uno come dirigente e l’altro come allenatore? Monchi, intervistato dalla tv Bein Sports Usa, si è preso l’incarico: «Il potenziale che ha Francesco è così grande che speriamo di poterlo utilizzare. Conosce la Roma meglio di chiunque altro e io, che sono un nuovo arrivato, avrei un ottimo insegnante per scoprire tutto più il rapidamente possibile. Aspettiamo che decida lui, ha chiesto di concentrarci sulle ultime partite e ha ricordato come il bene della Roma sia più importante rispetto a tutti noi». Per quanto riguarda Spalletti, Monchi ha detto di essere venuto a Roma per lavorare insieme a lui.
Dicono in tanti che Spalletti abbia già deciso di andare via. Paradossalmente la vittoria di domenica sera può allontanarlo dalla Roma e avvicinarlo all’Inter: Spalletti ha dimostrato di saper battere la Juventus e l’obiettivo del gruppo Suning è mettere in discussione il prima possibile lo strapotere bianconero. La Roma ha già una soluzione, nel caso in cui Spalletti saluti e vada via? La lista è breve: Emery, Paulo Sousa e Di Francesco. Ma un ultimo tentativo per far restare Spalletti sulla panchina sarà fatto. Diverso è il discorso se sarà il mister di Certaldo a dire addio. Come ha detto l’a.d. Gandini: «In quel caso non ci faremo trovare impreparati». Il contratto di Spalletti scade a giugno, mentre Totti ne ha uno da dirigente (per sei anni) a 600 mila euro netti a stagione. Nessuno dei due ha fatto la prima mossa, rimandando tutto a fine campionato. Sembrano due ciclisti pronti alla volata e si dice che perda sempre chi parte per primo. Totti non ha detto che smetterà. Spalletti non dice se resterà. C’è una sola destinazione che Totti prenderebbe in considerazione da calciatore: il Miami F.C., allenato dall’amico Sandro Nesta, in testa alla classifica della Nasl, la seconda serie americana, con grandi ambizioni future. Solo un’ipotesi, certo, ma anche un modo per non farsi trovare «impreparato».