Compete ma non vince. È la forza, ossia esserci sempre, e allo stesso tempo il limite della Roma che indurrà – a meno di clamorosi colpi di scena – Luciano Spalletti a lasciare per la seconda volta la capitale. Se il tecnico dovesse concedere l’en plein contro Chievo e Genoa batterà il record di punti del club detenuto da Garcia (85), toccando quota 87. Eppure – al netto di harakiri sportivi – neppure questi basteranno per superare la Juventus. Spalletti è consapevole di aver dato il massimo e che probabilmente la distanza tra le due squadre è più degli esigui 4 punti in classifica. E con molta onestà lo ha rimarcato sia prima che dopo il match contro la Juventus: «Loro devono festeggiare una qualificazione meritata alla finale di Champions e hanno una finale di Coppa Italia tra tre giorni. È inutile che lo neghiamo, questo per noi è stato un vantaggio». Concetto al quale si è allineato ieri Nainggolan: «Nelle ultime giornate hanno perso qualche punto ma anche perché erano un po’ comodi, sono concentrati più su altro ora». Tradotto: se i bianconeri non fossero giunti in finale in entrambe le coppe, il divario in classifica sarebbe stato ben più ampio. La Roma ha fatto il massimo in campionato e questo non è servito a vincere nulla. Cosa accadrà nella prossima stagione quando oltre alla Juventus e al Napoli ritorneranno, almeno a suon di milioni sul mercato (e Kessie al Milan è il primo segnale) le due milanesi? È una domanda che il tecnico si pone da tempo, scottato dalla sessione di gennaio che doveva garantirgli un attaccante di scorta e un centrocampista da far entrare nelle rotazioni per sopperire al terribile ciclo di 11 gare in 40 giorni e invece gli ha regalato Grenier, utilizzato per appena 150 minuti. Spalletti è consapevole che entro il 30 di giugno, con una semestrale chiusa a -53,4 milioni e diversi riscatti da esercitare per una trentina di milioni, almeno una cessione di un big è prevista. Il designato è Manolas che continua a fare muro, almeno a livello di dichiarazioni rilasciate a Pagine Romaniste: «Voglio restare, dipende dal club». Ma potrebbe non essere finita qui. Perché l’estate è lunga e i gioielli giallorossi, su tutti Nainggolan e Rudiger, fanno gola a molti. In Europa e in Italia. Della serie: il divario anziché diminuire, rischia di aumentare. Perché la Roma non è che non investirà. Lo ha sempre fatto e il nuovo ds Monchi è sinonimo di efficienza, competenza e qualità. Ma l’impressione è che non sarà un instant-team come quello di quest’anno. E Lucio vuole vincere. È ossessionato dalla vittoria. Con quello di quest’anno sarebbe il suo terzo secondo posto in serie A. Troppi, per metterne in preventivo un altro, con una Champions pronta a togliere tante energie.
INCOGNITA TOTTI – C’è poi, elemento da non sottovalutare, il difficile rapporto con diversi media in città, acuito dalla questione Totti dove il tecnico non risparmia nemmeno la società, rea secondo lui, di averlo lasciato solo a gestire quello che – al netto di pregressi tra i due – sarebbe stato un Everest duro da scalare per chiunque. A proposito del capitano giallorosso, ieri dagli Usa è rimbalzata l’indiscrezione che il campione avrebbe accettato l’offerta del Miami di Nesta per continuare a giocare un anno nella Nasl, seconda lega americana. Dall’entourage del numero 10 piovono secche smentite. Chi negli Usa di certo non andrà è invece Nainggolan. Che ieri, dalle frequenze di Roma Radio, ha spiegato la sua esultanza, con tanto di bacio rivolto ai tifosi juventini assiepati nei Distinti Nord, domenica all’Olimpico: «Per tutta la gara mi hanno dato dell’uomo di m… e ho voluto far vedere loro che l’uomo di m… gli aveva segnato».