Alle 19.50 di domenica calerà il sipario su un’azienda da 3 milioni all’anno di fatturato. Stavolta la crisi non c’entra, se non quella che agita l’umore di un ragazzo di quarant’anni abituato a parlare con il pallone tra i piedi e costretto a smettere di farlo. L’addio al calcio di Francesco Totti non sarà solo la promenade del capitano intorno all’Olimpico esaurito, le lacrime di familiari in tribuna o i video messaggi di Beckham e Messi. Sarà la fine di una carriera che produce come un’impresa. Perché l’universo Totti non è solo un pallone che rotola. Sponsor e tv gareggiano per sedurlo, tifosi e bimbi fanno la coda per un autografo o per iscriversi alla sua scuola calcio. Un circuito che alimenta gli affari non solo della famiglia Totti, anzi: dal 1997, quando la maglia numero 10 è finita sulle spalle di Francesco, la Roma ne ha vendute qualcosa come 850mila, per un incasso complessivo oltre i 50 milioni di euro. E sarebbero il doppio contando le tante imitazioni spacciate dalle bancarelle della capitale. Ancora oggi, ci vorrebbero venti Nainggolan per pareggiare il numero di divise col “10” per cui ogni anno un romanista spende tra i 75 e i 100 euro. Un mercato ricchissimo, e chissà quanto potrebbe valere quello degli autografi: ogni mese, da Trigoria escono 1500 cartoline firmate, in regalo ad amici, conoscenti, amici degli amici. Considerato che la pratica va avanti da un ventennio, è come se un romano su dieci avesse a casa una “reliquia” del capitano.
L’azienda Totti ovviamente non è soltanto calcio: sette società, dall’immobiliare (valore di circa undici milioni) all’organizzazione eventi, con la società Number Ten a fare da holding di famiglia. Tutte gestite da Riccardo, il fratello di Francesco. Un piccolo impero che nell’ultimo anno ha registrato un calo del fatturato di circa un quarto, mantenendo comunque entrate per oltre 3 milioni di euro, cifra da aggiungere al contratto con la Roma e agli sponsor per un totale di nove. Per il Francesco calciatore la crisi non è mai esistita: dopo aver alternato pubblicità per marchi come Pepsi, Diadora, Vodafone (accordo da 3 milioni e spot storici con Gattuso), Fiat, Pringles, Partypoker e oggi Lottomatica, è tornato al primo amore, la Nike, che ha organizzato in grande stile ad aprile la celebrazione dei suoi 25 anni di carriera, scoprendo quel giorno che in Totti non c’era alcuna volontà di pronunciare la parola addio. Magari passerà lunedì, primo giorno della sua seconda vita, a dedicarsi alla “Totti Soccer School”, attiva da 14 stagioni, che può vantare 400 iscritti all’anno alla scuola calcio e altri 120 alle squadre agonistiche (arricchite da un progetto integrazione e, per anni, da una femminile).
Ma cosa resterà di questa colossale macchina, dopo la fine della carriera sportiva? Le sue maglie si venderanno ancora, il resto rischia lentamente di evaporare, lasciando campo libero all’invasione delle tv. La telecamera lo scopre nel ‘97 con “Scherzi a parte”, poi grazie al trio Costanzo- Capello-Veltroni l’ingresso nel cerchio magico di Canale 5 e la visita annuale a “C’è posta per te”. Quest’anno più scendeva il minutaggio in campo, più aumentava quello sul piccolo schermo: Sanremo, Grande Fratello, l’Edicola di Fiorello. L’esposizione non potrà che aumentare, complice un incarico più elastico. Di questo però parlerà con la Roma, pronta a offrirgli un ruolo “alla Zanetti”, con delega all’area tecnica. Ma non è la sola a corteggiarlo. Il presidente federale Tavecchio lo vorrebbe ai Mondiali con l’Italia: come capitano non giocatore accanto al totem Buffon. Lo ha quasi annunciato: «Valuteremo quando manifesterà le sue intenzioni», l’occhiolino a Totti. Pensando all’ultima avventura di Francesco ai Mondiali, finita al Circo Massimo con la coppa.