Ancora una volta la polizia in aula. Di nuovo il coro «onestà, onestà» ritmato contro i consiglieri grillini e un’altra seduta al veleno. Per portare a casa il «sì» del municipio IX sulla delibera di pubblica utilità sullo stadio della Roma, il M5S ha impiegato un totale di 14 ore di tira e molla con le opposizioni. Impegnando l’ex circoscrizione per l’intero fine settimana. E, denunci il Pd, forzando il regolamento: «Vergogna, un atto gravissimo». A sottolineare il peso della posta in gioco, in aula per una domenica alternativa il presidente dell’Assemblea capitolina Marcello De Vito e il capogruppo Paolo Ferrara. Non solo i big M5S: presenti anche la consigliera comunale grillina dell’Eur Alessandra Agnello, le colleghe Pd Ilaria Piccolo e Giulia Tempesta, Fabrizio Ghera e Andrea De Priamo per FdI. Tutti nella stessa aula per seguire da vicino il (non vincolante, ma necessario) passaggio in municipio della delibera sullo stadio. Saltato venerdì, il via libera del municipio IX alla fine è arrivato ieri al termine di un’altra battaglia a colpi di pregiudiziali ed emendamenti. Senza opposizioni, con tre dei quattro consiglieri dem espulsi dall’aula dal presidente del consiglio Marco Cerisola, il M5S dell’Eur ha centrato l’obiettivo richiesto dal Campidoglio.
Facendosi teleguidare: De Vito, seduto tra il pubblico, regolamento alla mano, per tutta la giornata il numero uno dell’aula Giulio Cesare ha dettato la linea alla squadra del minisindaco Dario D’Innocenti via WhatsApp. Due presenze, la sua e quella di Ferrara, necessarie per evitare altri mal di pancia interni ed equilibrare l’assenza tattica dei due consiglieri municipali Mancuso e Tallarico. «Siamo qui per fornire supporto», è la versione del capogruppo capitolino. Che poi dice la sua sulla sospensione di Cristina Grancio, decisa direttamente da Milano. Ovvero dalla Casaleggio Associati. «Ovviamente ci hanno consultato — spiega Ferrara — ma precisiamo: non si tratta solo di quello che si è visto in commissione urbanistica, ma soprattutto del comportamento tenuto nelle riunioni interne». La metafora è quella del divorzio: «Quando due si separano, l’ultimo bisticcio viene da lontano». Ora l’ortodossa 5S ha dieci giorni per rispondere alle contestazioni. Quelle che potrebbero costarle la famosa penale da 150mila euro. Lei, però, è convinta: «Mi hanno tirato fuori dalle chat, ma più di un collega mi ha chiamato per solidarizzare. Sto preparando la difesa e sono pronta ad arrivare fino in appello. Io nel Pd? Mi candidarono anni fa solo per un’assemblea interna. Domani (oggi, quando partirà la maratona per lo stadio, ndr) sarò in aula? Non so, la notte porterà consiglio. Non ho tradito nessuno e vorrei rimanere nel gruppo». Una squadra che ora, ragiona un altro dei 29 eletti, «rischia l’effetto valanga». Sul piede di guerra ci sarebbero altre tre consigliere. Una grana in più per il M5S, che deve fare i conti anche con la denuncia del Pd municipale: «Il voto è illegittimo, è stato forzato il regolamento», tuonano la capogruppo Claudia Pappatà e il consigliere Alessandro Lepidini. De Vito risponde per le rime: «Dal Pd solo ostruzionismo in difesa della vecchia delibera e del cemento».