Eusebio Di Francesco ritorna alla Roma e questa volta, dopo le esperienze da giocatore e da team manager, questa volta vestirà i panni dell’allenatore
L’abruzzese Eusebio di Francesco dopo le stagioni positive in Emilia con il Sassuolo, è chiamato alla prova del nove alla guida dell’AS Roma, reduce da un secondo posto ottenuto a suon di record, di vittorie e gol. Guidare il Club giallorosso sarà un compito non facile per chi, come di Francesco, finora si è confrontato esclusivamente con realtà di provincia. Finora le sue migliori stagioni sono state le promozioni nel 2009/2010, secondo con il Pescara in Lega Pro, la vittoria del campionato di B con il Sassuolo nel 2012/2013 e la conquista dell’Europa nel 2015/2016 grazie al sesto posto ottenuto sempre sulla panchina emiliana.
Di Francesco ora è “tornato a casa”, come lui stesso ha dichiarato ai microfoni in occasione della sua investitura a Trigoria pochi giorni fa, si è messo a disposizione della Roma con l’umiltà che ha dimostrato anche quando calcava i campi, la stessa che ha tenuto a sottolineare chiederà con forza ai suoi giocatori. Conosce bene il posto in cui si trova, il più alto traguardo lo ha raggiunto qui con lo scudetto del 2001, non è quindi scevro dalle pressioni e dagli entusiasmi di cui la piazza soffre e che dovrà essere bravo ad arginare o accompagnare per la riuscita del progetto. Le passate esperienze a Roma lo aiuteranno a focalizzare quelli che sono i punti principali per creare un gruppo unito che dovrà remare costantemente dalla stessa parte. E questo gruppo è fondamentale includa ogni persona che ruota intorno all’universo Roma: dagli impiegati al presidente, ai magazzinieri fino ai tifosi tutti uniti per trovare quel quid che alla fine dei conti può sempre cambiare una partita, ma che molte volte non è stato visibile o si è perduto, per motivazioni di volta in volta differenti.
Una delle parole che ha tenuto a sottolineare è appartenenza; perché sa quanto la città si identifichi nella squadra e viceversa. Quella stessa dimostrata da Daniele De Rossi quando segna un suo compagno, o l’identico sentimento di cieca ammirazione che lega la Curva Sud ai suoi beniamini in campo. Di Francesco è ben cosciente di tutto ciò e sa che tra quei colori spesso ci si lascia confondere da dove finisce uno e dove inizia l’altro. E nonostante tutto questo entusiasmo, che come ben spiegato reputa fondamentale e spera lo travolga, l’unico dogma che Di Francesco praticherà è la cultura del lavoro costante e della concretezza, del pragmatismo, perché un vero progetto può partire solo dagli uomini e da queste basi fondamentali per fare il massimo.
Il tipo di gioco non sarà una sorpresa, Di Francesco finora ha sempre adottato il 4-3-3 e continuerà a farlo; a maggior ragione rispetto alle passate esperienze a Sassuolo o a Pescara, l’obiettivo sarà sempre di attaccare e cercare di fare la partita perché la Roma è una squadra di livello top e questo dovrà dimostrare, soprattutto in campo. Anche adattandosi, in corso d’opera, nel caso la situazione lo richieda.
Per questo tipo di gioco e visti i tanti impegni della squadra, sarà fondamentale avere i giusti ricambi e l’allenatore sembra essere in buone mani al fianco del direttore sportivo Monchi, determinato a non svendere i suoi giocatori e a trovare solamente profili funzionali alla causa dell’allenatore.
La Roma riparte da Di Francesco, da quella determinazione emozionata della presentazione e dal gioco che il tecnico abruzzese ha finora mostrato, cercando di proseguire in quel percorso di crescita che ha visto i giallorossi chiudere al secondo posto per tre volte negli ultimi quattro anni. Queste sono le premesse che ha portato con se Di Francesco in questa sua terza avventura giallorossa, e partendo da queste viene da pensare che forse “quel giochino poi” di cui parlava l’ultimo allenatore passato da Trigoria, potrebbe essere questo qui.
Valerio Cucci