Hector Moreno è acciaccato e forse non giocherà nel Messico in Confederations Cup. Ma questo ai tifosi della Roma deve importare relativamente, al di là dell’interesse voyeuristico, perché il giocatore sarà bell’e pronto per la tournée statunitense, quando comincerà fattivamente la sua nuova parabola. Ed è una svolta sostanziale che prescinde dal singolo e dal rinforzo di mercato. E’ soprattutto un cambio di tendenza impostato dalla coppia Monchi-Di Francesco nella costruzione della squadra: si cerca di migliorare la rosa nella qualità proprio partendo dai difensori centrali.
FILOSOFIA – Per qualità si intende naturalmente la capacità di impostare l’azione, di partecipare al giro palla attraverso una buona dimestichezza con il mezzo. E magari di essere pericoloso nell’area di rigore avversaria, come Moreno ha dimostrato pochi giorni fa contro il Portogallo di Ronaldo. E’ una delle ragioni che, nell’ottica della Roma, giustifica senza grandi sofferenze la partenza di Manolas, bravissimo stopper e padrone dei contrasti (il migliore del campionato in quelli aerei) ma poco efficiente palla al piede: a Monchi non è sfuggito che spesso le squadre avversarie lo lasciano libero di manovrare e di scegliere, trovando il tempo per ricompattarsi in superiorità numerica, sapendo che da Manolas non arriverà mai la giocata di livello che può scompaginarne l’organizzazione difensiva.
OBIETTIVI – E così anche i prossimi rinforzi per la difesa possiederanno certi requisiti: testa alta, piedi buoni, abilità offensive. L’idea è quella di tenere in pugno le partite per il maggior numero di minuti possibile, come ha spiegato Di Francesco. I nomi di Foyth, Lemos, dello stesso Acerbi che il nuovo allenatore conosce alla perfezione, ma anche di terzini che un tempo erano ali come Karsdorp rispondono a questa ricerca: più calcio, meno calci. A costo di rischiare un po’.