Il senso di appartenenza. Gira un po’ tutto lì, intorno a quello. Almeno per ora, almeno finché non ci sarà la possibilità di iniziare a pieno regime, recuperando anche i dieci nazionali che sono ancora in ferie. Il primo giorno di allenamento della nuova Roma, però, si è incastrato proprio su quel concetto lì. Perché Eusebio Di Francesco ci tiene da morire, tanto da ricordarlo alla squadra in un mini-discorso pre allenamento sulle regole, ma non solo al gruppo. Già, perché i primi passi del Di Francesco giallorosso sono stati caratterizzati anche da un caldo scambio di opinioni con un tifoso proprio sul senso di appartenenza. Non ci poteva essere errore, d’altronde.
IL BATTIBECCO – Schermaglie dialettiche, con il tifoso che si lamentava che i giocatori non si fossero degnati di salutare i tifosi (pochi, tra l’altro, circa 200) ed Eusebio che ha cercato di calmare le acque con il dialogo. Fino a che non è stato accusato di mancanza di senso di appartenenza, momento in cui il nuovo allenatore della Roma ha replicato così: «Su questo hai sbagliato persona, te lo assicuro. E poi mi parli di rispetto, ma cosa vuol dire mancanza di rispetto? Fermarsi a dare la mano uno a uno. Io vi ho salutato subito, i giocatori lo faranno dopo». E così in effetti è stato, quando la squadra (dopo una serie di lavori in palestra e di ripetute piramidali sulla velocità) si è poi spostata sul campo principale, per una partitella sui 70 metri di 25 minuti finita a reti inviolate. Poteva segnare Perotti, ma Alisson gli ha neutralizzato il rigore che si era procurato il giovane Cappa. E anche questa, a modo suo, è una notizia, visto che nella scorsa stagione l’argentino è stato infallibile dal dischetto (8 gol su 8 tentativi).
LE REGOLE – Di Francesco (incitato anche da molti tifosi), poi, ha subito gettato le regole della stagione. Proprio in quel mini discorso di circa dieci minuti in palestra, dove con i giocatori è stato molto chiaro: «Ve lo dico oggi e non ve lo dico più, questo è quello che mi interessa». E cioè il rispetto delle regole comuni, la puntualità negli allenamenti e negli appuntamenti di squadra, il divieto assoluto di usare i telefonini nei momenti di aggregazione e la cura del saluto, dell’educazione, delle buone maniere insomma. Quattro punti cardine che per il tecnico servono alla convivenza. Quattro capisaldi che aiutano anche a costruire il senso di appartenenza, appunto.
JUAN JESUS CI CREDE – Poi c’è stato il campo, con Florenzi tra i più acclamati a lavorare in gruppo sulla velocità (ma non nella partitella) e i primi segnali del gioco che vorrà Di Francesco: aggressività, campo corto, intensità. Il tutto con un’unica idea di base, quella di giocare sempre il pallone e di non buttarlo mai via. «Ho giocato tante volte contro il Sassuolo del mister ed è stato sempre difficile – dice Juan Jesus – Gli piace la tattica, sarà un’esperienza fantastica perché ha tanto entusiasmo per fare bene e questo può aiutare tantissimo. Io? Quest’anno non ho più scuse, devo partire subito forte».Di Francesco durante la partita si è piazzato lì, in mezzo al campo, a dare suggerimenti a tutti. Perché l’altro aspetto è la grande interazione con i giocatori. Del resto, si torna sempre lì, al senso di appartenenza.