Luciano Spalletti, dal suo locale di Firenze, ha rilasciato una lunga intervista ad un mensile sportivo. Eccola,integralmente:
Mister, negli ultimi anni vi sono stati importanti cambiamenti tattici e di mentalità nel calcio italiano? “Sì, ci siamo avvicinati a un gioco più europeo, un gioco che spesso parte dal portiere, dal basso. Niente lanci lunghi sulla punta di stazza come si faceva qualche tempo fa. Punta che proteggeva palla e si iniziava a fare calcio laggiù, nella metà campo avversaria, a caccia di seconde palle. Ora si ricerca il palleggio, la manovra, si lavora per concetti”.
È corretto dire che si è passati da un calcio per schemi a uno per principi? “Sì, c’è stata questa evoluzione, c’è più elasticità, meno rigidità. Ad esempio, si parla molto e lo si faceva anche prima, di andare a giocare sulla trequarti, alle spalle dei centrocampisti avversari: prima magari c’era un uomo deputato a farlo, ora non conta chi si smarca in tale settore, l’importante è che qualcuno lo faccia nel modo giusto e coi tempi corretti. Diciamo che c’è più qualità, più creatività…”.
E dove si colloca Spalletti in questo contesto? “Mettimi a metá campo, che mi garba così (ride, ndr). Bisogna saper fare sia l’uno sia l’altro. Prendi l’11>0, una volta si partiva dal proprio portiere e si cercava di andare al tiro nella metá campo opposta. Si puó fare anche il contrario, si parte dalla linea di fondo della porta che si vuole attaccare”.
Cioè? “Metto una palla qui sulla linea e i giocatori la muovono nella trequarti avversaria, a ridosso dell’area: si avanza, si scarica, si riporta, si verticalizza per cercare di andare alla conclusione. Si simula un’azione in questa zona, si devono trovare i tempi ideali per tirare in porta. Ti dico questo perchè le squadre che vogliono imporre il proprio gioco, che vogliono fare la partita, devono imparare a tenere palla nella metà campo avversaria. Anche perchè…”.
Prego mister…“Contro 11 che si chiudono, che ti fanno avanzare, non conta troppo allenare il possesso qui, nella tua metà campo, ma bisogna lavorare qui, nella trequarti avversaria”.
Quando, al contrario, la palla è agli avversari? “Semplice, devi andare a prenderla, ma devi mettere in conto anche di ‘tornare a casa’. Non sempre conviene alzare troppo i giocatori, lasci spazio alle tue spalle e rischi. Sono fondamentali le letture da parte dei giocatori sullo stato del pallone, libero o coperto. Se sei sempre in pressione, chiudi le traiettorie verticali, la palla è coperta…allora puoi aggredire gli avversari nella loro trequarti. Peró, non devi mai concedere tempi di gioco”
Come si convincono i giocatori a questa modalità? “Innanzi tutto devono credere a quello che dice l’allenatore, poi devono provarlo e così capiscono che tutto è più semplice. Diventa meno dispendioso e più proficuo per tutti. Peró, devi fare un lavoro completo, curato nei dettagli, con tutti gli elementi. Se decidi di ‘spezzettare’ la squadra, con le punte che pensano a segnare, i difensori a proteggere la porta e i centrocampisti a correre, non puoi pensare di riconquistare palla in avanti. Bisogna difendere tutti, attaccare tutti, ‘scivolare’ tutti. Insieme. Poi chi ha qualità lotta con la sua qualità, chi ne ha meno…lotta di più e più forte”.