Mi chiamo bond, calcio italiano bond. Bei tempi quelli in cui ci si scannava per un calcio di rigore o al massimo le società provavano a rubarsi giocatori sul mercato. Oggi gli stessi tifosi litigano sui social parlando di fidejussioni, prestiti obbligazionari, rateizzazioni e ammortamenti come una volta di fuorigioco e modulo a due punte. «Voi spendete ma fallirete», «No, voi siete indebitati più di noi». Il presidente della Roma James Pallotta ha deciso di spostare il dibattito dalle chiacchiere da bar al confronto pubblico, alzando il livello di scontro come mai si era visto, almeno in Italia, almeno con i bilanci come materia del contendere. Conti in faccia, con scuse finali da Boston. Sia chiaro: quello che Pallotta ha detto pubblicamente, molti altri protagonisti del calcio lo vanno ripetendo sottovoce. I botti di mercato, uniti al closing infinito, hanno messo il Milan al centro delle attenzioni e delle perplessità.
La Roma ha venduto Rudiger, Salah e Paredes e sta conducendo un mercato più prudente. Così Pallotta, che tra l’altro ribadisce che «se non si fa lo stadio vendo tutto», a una radio americana definisce «una follia» il mercato dei rossoneri (il saldo finale sarà di circa -150 milioni). «Non ho idea di quello che stia succedendo, non ha senso, non hanno i soldi per comprare la squadra visto che hanno preso 300 milioni in prestito da persone che conosco a Londra, tra l’altro con un interesse piuttosto alto»: il riferimento è al fondo Elliott, che ha prestato 180 milioni al proprietario Yonghong Li (all’11,5%) e 123 al Milan (tasso del 7,7%), di cui 50 destinati al mercato di quest’estate.
Il Milan decide di rispondere con un video dell’ad Marco Fassone, che contesta stile e cifre di Pallotta e invita a un confronto dei bilanci. «Sono rimasto sbalordito—l’incipit di Fassone —. La parte relativa al fondo Elliott per finanziare l’acquisizione del club è di 180 milioni su un valore complessivo di 740 milioni». È chiaro che la proprietà cinese del Milan ha preso i suoi rischi per portare a termine l’acquisizione, ma ha messo (o garantito) 560 milioni. Se il piano di mr Li si rivelerà sbagliato, subentrerà il fondo Elliott che rivenderà il Milan. Secondo Pallotta, qualificarsi in Champions (ricavi: 50 milioni) non basterà a tenere i conti in equilibrio, perché «gli stipendi saranno uguali ai ricavi». «Tutto il mio piano — la replica di Fassone — prevede che gli stipendi rimangano entro una soglia pari al 50-60% dei ricavi». A ora dovrebbero aggirarsi al 51-52%.
Quanto al debito del club «è di 123 milioni, rispetto al fatturato che è straordinariamente migliore percentualmente di quello che ha la Roma». Dai bilanci risulta che la posizione finanziaria netta dei due club è circa pari (-170 milioni della Roma, -178 del Milan), ma la nuova proprietà ha azzerato il vecchio debito, accendendo quello nuovo di 123 milioni. La Roma, il 22 giugno, ha comunicato di aver ristrutturato il finanziamento con Goldman Sachs «da euro 175 milioni sino ad euro 230 milioni». Ma la miccia è stata accesa dal mercato del Milan. Che Pallotta reputa insostenibile: «Stanno spendendo, o almeno facendo importanti anticipi, per i giocatori e pagheranno le conseguenze a un certo punto».
Fassone: «Non so se “pagheranno le conseguenze” sia una minaccia. Abbiamo emesso un bond pari a 50 milioni destinato al finanziamento della campagna acquisti. Siamo al momento ampiamente al di sotto del consumo di questo bond». Questo perché i pagamenti dei cartellini vengono rateizzati su più stagioni. In serata Pallotta (forse su suggerimento dell’ad, ex milanista, Umberto Gandini) prova a stemperare: «Mi scuso se ho avuto informazioni imprecise. Auguro al Milan le migliori fortune e attendo con piacere che la sua dirigenza e la proprietà collaborino in maniera incisiva per lo sviluppo della A». Fino al prossimo bond.