C’ è un no pesante che rischia di mandare all’aria il progetto Stadio della Roma a Tor di Valle. Anzi, a saltare in aria potrebbe essere addirittura la delibera approvata lo scorso 15 giugno in Assemblea capitolina dopo il restyling delle planimetrie con il dimezzamento dei volumi di cemento voluto dalla giunta Raggi in ossequio ai valori green del M5S. È il «parere negativo» firmato dall’architetto Ornella Segnalini, dg del Dipartimento per le infrastrutture del ministero delle Infrastruttureedei Trasporti. La relazione, inserita nel plico senza etichette positive ma con forti «criticità» rilevate da parte dello Stato, è durissima. E mina la delibera del Campidoglio nelle fondamenta. Anzi nei pilastri dei ponti. «Si esprime parere negativo sulla nuova soluzione progettuale presentata da Eurnova», è la conclusione del documento firmato dalla diggì del Dipartimento per le infrastrutture, i sistemi informativi e statistici del Mit, Ornella Segnalini. Nel senso che – quando tra oggi e domani si aggiungerà anche il parere della Regione Lazio a quello dello Stato e a quelli «positivi, ma…» di Comune di Roma e Città metropolitana -, potrà essere fissata la nuova Conferenza dei servizi. La cui efficacia, però, sembra già segnata. Quasi presagio di una trattativa tra Campidoglio e soggetti proponenti – la Roma e Eurnova – costretta a ripartire daccapo alla ricerca di un nuovo equilibrio tra cemento pubblico e cubature private.
Nella delibera di novazione, infatti, sta scritto che «il ponte di Traiano, lo svincolo A91 e il viadotto di approccio sono stati stralciati dal progetto (sostituiti dal cd “ponte dei Congressi”, con finanziamento statale) e di conseguenza non sono più inclusi tra le opere di interesse generale a carico del proponente», quindi «esclusi dal procedimento di approvazione del progetto in Conferenza dei servizi» per essere sostituiti da «tre differenti ipotesi realizzative, considerate alternative, delle opere infrastrutturali di collegamento con il sistema della via del Mare/Ostiense unificate sino a nodo Marconi: il ponte di Traiano, il ponte dei Congressi», più la soluzione «senza i ponti menzionati». Per dimezzare il cemento privato sulle carte, cioè le torri e il Business park, si era pensato di togliere uno o addirittura entrambi i ponti riducendo la cubatura globale. Era stata quella, politicamente datata 24 febbraio, la svolta del progetto “Stadio della Roma” poi scivolato a giugno fino alla conquista, in Aula, dello status di pubblico interesse. Ma, scrive Segnalini, la «Direzione generale non condivide le tre differenti ipotesi in quanto esse non sono alternative ed indipendenti, poiché le prime due sono necessariamente complementari mentre la terza non può essere presa in considerazione per la assoluta inadeguatezza». Tradotto: senza ponti non si può fare, ma un ponte solo, come voleva il Campidoglio, non può bastare: non possono essere ritenuti né «superflui» né tanto meno «alternativi».
Se poi si considera che uno dei due ponti, quello dei Congressi (sulla cui progettazione il Comune ha investito altri 900 mila euro nell’assestamento di bilancio), è ancora incagliato nella relativa Conferenza, la situazione diventa metafisica. Il ponte in questione, infatti, è «completamente indipendente sia come procedimento sia come finanziamento e soprattutto come tempi di realizzazione» rispetto al progetto dello stadio a Tor di Valle. Significa che non può essere considerato nel pacchetto, anche se è proprio sulla sua costruzione, data per certa ma ancora in sospeso, che ha virato prima la trattativa Comune-Roma e poi la delibera della giunta Raggi. Le criticità sono moltissime. Ma, certo, un intero progetto costruito su un ponte che non si sa ancora se e quando si farà, le batte tutte. «Tale approccio risulta fuorviante» poiché non fissa «limiti e contenuti degli interventi previsti ed in particolare delle opere di interesse generale», scrive Segnalini con riferimento alle «ambiguità» nelle carte. Ambiguità che alimentano la polemica. «Un pasticcio infinito», dice il dem Roberto Morassut. «Vergogna, la Roma dovrebbe interdire l’ingresso ai tesserati del Pd», la nota di Paolo Ferrara, capogruppo M5S del Campidoglio.