L’estate sta finendo, come cantavano i Righeira, ma soprattutto è finita (o hanno fatto finire, secondo i punti di vista) la carriera del più grande campione della storia della Roma: 25 stagioni da professionista, 619 presenze e 250 gol in serie A. Francesco Totti, ieri, ha iniziato la sua seconda vita, quella da dirigente, assistendo all’allenamento mattutino della squadra al fianco del direttore generale Mauro Baldissoni e del direttore sportivo Monchi. Abbigliamento casual e sorriso sul volto, perché Totti sa benissimo che la vita con lui è stata molto generosa, ma il velo di tristezza nel cuore non è passato. Il cancello del centro sportivo Fulvio Bernardini era abituato a passarlo da giocatore ed è stato difficile non passare dallo spogliatoio per mettere maglia e scarpini. Prima un lungo colloquio con Monchi, che sarà il dirigente con cui lavorerà di più e l’unico con cui ha un vero feeling. Poi il pranzo con Eusebio Di Francesco, nuovo allenatore giallorosso e suo compagno di squadra nella cavalcata che, nella stagione 2000-2001, portò alla Roma il terzo e per ora ultimo scudetto.
Proprio per il motivo di prima — Francesco sa benissimo che i problemi nella vita sono altri — Totti è stato prodigo di battute verso i compagni di squadra e ha fatto ridere tutti quando ha detto a Kolarov, avversario di tanti derby, che cosa ci facesse lì. In realtà i giocatori di qualità e di carattere come il serbo a Totti sono sempre piaciuti e lo ha dimostrato in passato, quando non era ancora un dirigente ma faceva lo stesso le telefonate a qualche giocatore per portarlo alla Roma. Totti è legato al club da un contratto quinquennale a 600 mila euro netti a stagione. Una bella cifra. E per questo in tanti si sono chiesti in quale modo Francesco se li guadagnerà. Nessun calciatore, dopo aver smesso, è pronto subito perfare un altro mestiere. Bisogna applicarsi e studiare per trovare la strada giusta. Il Real Madrid ha pagato per anni Zidane, facendogli fare tutto e niente, prima di scoprire l’allenatore che ha vinto due volte di fila la Champions. Totti è al primo giorno di scuola, ma un suo ruolo è già chiaro: quello di garante del «romanismo». Il Re è sempre lui, anche se ha smesso di giocare. Cengiz Under, 20enne turco di belle speranze, alla presentazione ufficiale ha detto: «Ho conosciuto Totti il giorno dopo il mio arrivo a Roma. Il suo addio al calcio l’ho rivisto almeno dieci volte, perché ho sempre guardato i suoi video e facevo il tifo per lui anche in Turchia. Mi è dispiaciuto che abbia lasciato il calcio, avrei voluto giocare insieme a lui per imparare molte cose».
Totti è esattamente questo, in attesa di diventare qualcosa di diverso: la chiave magica per inserire i nuovi arrivati nella Roma, l’empatia verso l’esterno che è sempre mancata alla Roma «americana», dal Pallotta dei «fucking idiots» ai d.s. che dicevano ai tifosi di «non affezionarsi ai giocatori», che in realtà è poi un sentimento bellissimo che, da ragazzini, abbiamo provato tutti. La maglia è importante, quello che ci sta dentro di più. È questo il senso del «Premio del Presidente Uefa» che Totti riceverà dalle mani di Aleksandar Ceferin, a Montecarlo, ad agosto, per «gli straordinari traguardi, l’eccellenza professionale, le qualità personali esemplari e la grande fedeltà». Il primo campionato dell’era d.T. (dopo Totti) sta per cominciare. Francesco, quasi sicuramente, accompagnerà la squadra a Bergamo per la gara di esordio. Il momento più difficile sarà proprio quello. Entrare a Trigoria senza più poter calciare il pallone è stato un allenamento a quello che verrà. «Statemi vicino», ha detto il 28 maggio. I veri romanisti non lo lasceranno di sicuro da solo.