L’ importante è non sbagliarsi. «Io sono betico, perché domanda a me?». Ramon, perché tutti da queste parti si chiamano Ramon, vende sciarpe davanti allo stadio dedicato al presidente Sanchez-Pizjuan. Ramon anche lui, chiaro. Vende il Siviglia ma sogna il Betis. Quindi guai a chiedergli del terzo Ramon di questa storia, Monchi. «A me interessa solo il business». Eppure la pista giusta, come in un copione di calciomercato che i direttori sportivi conoscono bene, è poco lontana, inaspettata. Cinque signori non giovani discutono di calcio seduti su una panchina, proprio di fronte alle foto delle leggende sevilliste. Parlano del ritorno di Banega, della tragedia di Antonio Puerta, ma parlano volentieri anche di Monchi. «Se volete sapere dove abita – fa uno mimando la rotta con il bastone – dovete camminare un po’. Non molto eh, ci sono andato anche io. Quartiere San Bernardo».
NORMALITA’ – In realtà a Siviglia i quartieri si chiamano Hermandades, cioè confraternite. Ricordano le contrade di Siena, solo che invece di correre con i cavalli vanno in processione durante la Settimana Santa. Non vi aspettate ville con piscina, palazzi stile Dubai, signore patinate e platinate. Monchi ha scelto di vivere in un ambiente rustico, a stretto contatto con la sua gente, «perché è un uomo normale». La prima casa dove abitava è un vicoletto che dista circa 900 metri dallo stadio. E’ un appartamento curato di due piani in un contesto di palazzine anonime. Da lì Monchi si è spostato di pochi isolati, acquistando un attico in un blocco di tre palazzoni con videosorveglianza e portiere: al pianterreno ci sono banche, centri estetici, cliniche veterinarie. Su in alto il terrazzo con vista sulla semicircolare Plaza de España, uno dei gioielli della città: simboleggia architettonicamente l’abbraccio della Spagna all’America. E questo, per un professionista che ha deciso di lavorare con Pallotta, ha un significato simbolico importante. Un ragazzo rotondo che porta la spesa alla mamma indica il portone. «Monchi abita proprio lì». Lo conosce? «Beh, chi non lo conosce?».
QUATTRO C – El hombre normal non è nato a Siviglia. E’ andaluso sì ma di mare, perché viene dalla piccola San Fernando che è vicino a Cadice. Lì conserva ancora gli affetti più grandi: la madre e poi moglie e figli, che adesso fanno avanti e indietro con Roma. Ana, la donna del suo destino, non è amante del calcio e non si concede mai alle interviste, mentre il figlio Alejandro paga tutti gli anni l’abbonamento del Siviglia anche se studia a Londra; la famiglia è completata dalla figlia Maria, che già si è fatta immortalare a Roma in un’affettuosa foto con il padre in un posto non casuale, Piazza di Spagna. Casa, campo, carnevale, chiesa. Si può riassumere in quattro lettere C la vita spagnola di Monchi, un pasionario, tale da essere definito dagli amici «picaito», una specie di maniaco, per quanto si lasci coinvolgere nelle vicende che lo riguardano. Non è solo calcio, naturalmente, il suo mondo. «Ho amici d’infanzia e amici di carnevale» ama ripetere lui che per le celebrazioni folkloristiche ha un’attitudine particolare. Sia sacre che profane.
IN FESTA – Il profano è appunto costituito dal carnevale di Cadice: Monchi si è esibito al teatro Falla preparando una Chirigota, un misto satirico di musica e parole durante il quale ha accettato di farsi sbeffeggiare dai compagni di scena in quanto calvo. Nella playlist in auto, anche adesso nel tragitto romano da casa a Trigoria, la Chirigota non manca mai. E’ il suo rock and roll. Il sacro è la Settimana Santa, che per i sivigliani diventa una processione continua tra la Domenica delle Palme e il giorno di Pasqua. Monchi più volte, partendo con i confratelli dalla centrale Plaza de Alfalfa, ha sfilato vestito da nazareno (cioè come nelle antiche processioni di Nazareth) con tanto di caratteristico Capirote, un curioso cappello a punta che lascia scoperti solo gli occhi.
FUGA – Disponibile e apprezzato, amato dai suoi tifosi e rispettato dai rivali del Betis, negli ultimi anni Monchi si è concesso poco alla mondanità. Era diverso da scapolo, quando giocava e frequentava eroi della notte come Maradona e Dassaev. Di recente è stato avvistato spesso al ristorante Vips, una taverna a due passi dallo stadio, o all’Alcuza, sempre nella zona di San Bernardo. Per il resto, quando non raggiungeva la famiglia a Cadice, passava molto tempo alla Ciudad Deportiva del Siviglia, compresa quell’ora quasi quotidiana dedicata ai muscoli in palestra. Ah, la Ciudad Deportiva è intitolata a un ex presidente del club, Cisneros Palacios. Naturalmente di nome faceva Ramon.