La As Roma ha raggiunto l’accordo con il Coni per poter utilizzare lo stadio Olimpico per le prossime tre stagioni, fino al campionato 2019/20 compreso. L’intesa, come spiegano dalla società giallorossa, prevede lo sviluppo congiunto di progetti digitali e di servizi volti a valorizzare l’esperienza dello spettatore in linea con i più moderni impianti a livello internazionale, e la realizzazione di spazi come le nuove aree previste in tribuna Tevere per famiglie e la clientela corporate. La Roma disputa le proprie partite interne all’Olimpico ininterrottamente dalla stagione 1953-54, a parte alcuni brevi periodi in cui l’impianto era in fase di ristrutturazione (per esempio a ridosso dei Mondiali del 1990). In precedenza aveva giocato al Motovelodromo Appio, usato per la sola stagione 1927-28, poi nello stadio Nazionale del Pnf, due partite nello stadio della Rondinella (che sorgeva nell’area dove adesso c’è il Flaminio), a Campo Testaccio e, dal 1940-41 di nuovo nello stadio Nazionale, ampliato nel 1934 per i Mondiali di calcio.
I TEMPI – L’intesa con il Coni, proprietario dell’impianto del Foro Italico, conferma l’allungamento dei tempi previsti per il progetto del nuovo stadio a Tor di Valle, sicuramente non disponibile prima del 2020: proprio la deadline fissata dal presidente della Roma, James Pallotta, per non cedere la società e passare la mano ad altri proprietari. Per il momento la conferenza dei servizi è stata rinviata a settembre, quando se ne aprirà una nuova che avrà tempo tre mesi per esprimersi sul progetto. Sul tavolo tecnico pesa la pioggia di paletti e pareri contrari presentati dagli enti coinvolti. Primo fra tutti il ministero dei Trasporti che si è espresso in modo negativo perché l’opera senza il ponte sul Tevere (che deve essere a carico dei proponenti) e quello dei Congressi (a carico dello Stato) non avrebbe interesse pubblico. Anche il ministero dei beni culturali ha espresso perplessità sul progetto e sul vincolo legato alla tribuna dell’ex ippodromo. Dubbi e pareri tecnici che si aggiungono a quelli già depositati da Campidoglio e città metropolitana, anche questi pieni di prescrizioni soprattutto sulla mobilità.