«Se non avessi avuto la certezza di giocare titolare sarei andato via». Viva la sincerità. Dopo un anno di studio trascorso all’ombra di Szczesny, il titolare della nazionale brasiliana non avrebbe accettato un ruolo da riserva nella Roma rifondata di quest’anno. Eppure Alisson Becker si è già tolto uno sfizio: debuttare in Champions League con un anno di anticipo rispetto alla Serie A. E’ successo a Oporto, nell’andata del playoff dello scorso anno, durante il quale prese gol su rigore. Solo che poi al ritorno si ritrovò in panchina a guardare il collega polacco.
TESTA A TESTA – Adesso invece il posto è suo, con buona pace del bravo Skorupski. E non ci sono dubbi perché Di Francesco lo ha indicato come titolare sin dal primo giorno di ritiro, addestrandolo con pazienza nel lavoro con i piedi che per il suo gioco è fondamentale. Domani sera Alisson riabbraccia la Champions sfidando uno dei più bravi portieri europei, lo sloveno Oblak, con l’idea di contenere le scorribande dei vari Griezmann, Carrasco, Torres e sostenere la Roma in una serata molto importante.
ADATTAMENTO – Entrando con pazienza nel panorama europeo, ha acquisito sicurezza e personalità. Non è un compagnone, uno di quelli che si mettono a ballare nello spogliatoio, né un urlatore sul campo, ma ha gradatamente preso le misure al suo ruolo nella Roma migliorando la comunicazione con i difensori. E ora, nella stagione del Mondiale, punta alla consacrazione. «Questo è l’anno più importante della mia carriera – ha detto Alisson alla Folha, quotidiano brasiliano – il ct Tite mi ha consigliato di chiarire la mia posizione con Monchi e io l’ho fatto. Ora va tutto bene, i tifosi impareranno ad apprezzarmi». E’ una promessa, pare.