La Roma ha sforato uno dei paletti del Fair Play Finanziario. L’accordo con la Uefa, il «Settlement Agreement» stipulato nel maggio 2015 con l’organo di governo del calcio europeo, imponeva al club di Pallotta di contenere le perdite aggregate con l’obiettivo di raggiungere il pareggio di bilancio entro il 2018 e di non superare un passivo complessivo di 30 milioni nel triennio 2014-2017. Con un vantaggio: quello di poter «esaurire» questo rosso in due anni e non in tre. Avendo sfruttato al massimo questa possibilità, la Roma si è trovata nelle condizioni di raggiungere il pareggio già nell’ultimo esercizio. Condizione che non è stata rispettata anche se di poco. Mercoledì il CdA ha approvato il bilancio al 30 giugno 2017 con una perdita di poco più di 42 milioni di euro, rosso in crescita rispetto ai 14 milioni del bilancio scorso che si lega principalmente alla mancata partecipazione alla scorsa Champions. A questo rosso bisogna sottrarre i costi che la Uefa considera «virtuosi», quelli cioè legati al settore giovanile, alle infrastrutture e alle tasse. Nonostante queste significative detrazioni, però, la Roma non ha raggiunto il Break Even Point imposto dall’organo presieduto da Ceferin. Non sono bastati nemmeno i 95 milioni di plusvalenze che il club è stato costretto a realizzare entro il 30 giugno. Ma la differenza, rassicurano da Trigoria, è minima. Per far capire l’entità reale dello sforamento basta fare un esempio: se in estate fosse stato venduto Manolas al posto di Rudiger, probabilmente la Roma sarebbero riuscita ad ottenere il tanto desiderato pareggio. Per il greco, che proprio all’ultimo decise di far saltare la trattativa con lo Zenit, la Roma avrebbe incassato dai russi una cifra intorno ai 37 milioni di euro più 3 di bonus, realizzando così una plusvalenza di 30,6 milioni. Sfumato l’affare, Monchi dovette cedere in fretta e furia Rudiger, volato al Chelsea per 35 milioni più 4 di bonus: la plusvalenza ottenuta dai giallorossi per il tedesco è stata di 28,1 milioni. Una differenza minima.
Considerando la percentuale di rivendita che ha dovuto versare la Roma allo Stoccarda, lo scarto aumenta ma resta limitato e inferiore ai 5 milioni. E proprio questo scarto, minimo, sta alla base del mancato paletto rispettato dalla Roma in materia di Fair Play Finanziario. E adesso che succede? Il club giallorosso invierà i suoi conti alla Uefa che non sembra però intenzionata a fare il sergente cattivo. Nella prossima primavera, probabilmente intorno ad aprile, il club di Pallotta sarà chiamato a ridiscutere la sua posizione con l’obiettivo di trovare un punto d’incontro. L’Organo di Controllo Finanziario dei Club della Uefa ha apprezzato gli sforzi fatti dalla Roma in questi ultimi anni e non sembra avere in serbo provvedimenti pesanti per i giallorossi: nessun blocco del mercato o riduzione della rosa in sostanza, ma probabilmente una multa minima o una semplice promessa di far quadrare il bilancio il prima possibile. Ma non sono solo i conti della società giallorossa ad esseri «studiati» così attentamente dalla Uefa: anche l’Inter è sotto osservazione fino al 2019 ed ha l’obbligo di chiudere in pareggio il bilancio dei prossimi anni. Ha appena iniziato il suo percorso, invece, il Milan: i rossoneri si sono visti bocciare la proposta del «Voluntary Agreement», una sorta di piano di rientro volontario a lungo termine che consente di ignorare la regola che impone un rosso aggregato massimo di 30 milioni di euro in tre stagioni. Per convincere i vertici di Nyon, il club milanese dovrà presentare un piano entro ottobre. Ma la strada è tutta in salita.