Per trovare un calciatore professionista più ostinato di lui bisogna arrivare in Galles, dove un certo Stephen Fisher, difensore nato il 19 giugno 1973, gioca ancora nel Bala Town. Sono in tutto cinque (portieri esclusi) gli «highlander» più anziani di Totti che risultano ad oggi in attività nei campionati di massima serie dell’Europa intera: oltre all’imbattibile Fisher, i due classe 75’ Alberto Merino dell’Europa Fc (Gibilterra) e Dimitrije Jankovic dell’Ab Argir (Far Oer), il difensore di marzo ’76 Kjetil Waehler del Valerenga Oslo (Norvegia) e un certo Igor Trukhov, trequartista bielorusso del Naftan Novopolotsk nato 1 mese e otto giorni prima del capitano giallorosso. Con tutto il rispetto per le rispettive carriere e squadre di appartenenza, insomma, si può dire che il numero 10 romanista sia il giocatore di movimento più longevo nel calcio europeo che conta. E quello visto domenica scorsa all’Olimpico nella ripresa contro la Sampdoria tutto sembra tranne uno prossimo al ritiro. Totti si sta scoprendo infinito, al di là dei limiti che lui stesso aveva immaginato. Tra quattordici giorni compirà 40 anni eppure è ancora capace di decidere le partite in serie A. Per carità, un campionato modesto rispetto ai tanti che ha vissuto da protagonista in una carriera lunga 25 stagioni, ma pur sempre un torneo dove in pochissimi sono riusciti a «durare» quanto lui.
Attualmente è il terzo giocatore per età in Italia dopo i portieri Colombo (Cagliari) e Aldegani (Pescara), questo è il suo ultimo anno, ma solo sulla carta. È scritto sul comunicato che ha sancito un rinnovo soffertissimo, lui non lo ha mai confermato e Spalletti è stato il primo a mettere in dubbio la scadenza. «Siete voi a dirlo che a fine anno si ritira, volete farlo smettere» attaccava il toscano rivolto ai giornalisti durante il ritiro estivo di Pinzolo. Pareva una provocazione, in realtà era un pensiero razionale, «perché se Francesco si allena così – ha spiegato il tecnico dopo il secondo tempo di magie contro la Sampdoria – può giocare altre cinque stagioni». Il diretto interessato preferisce godersi ogni momento, giorno per giorno, verificare le risposte di un fisico bionico ma pur sempre di un 40enne operato in passato a ginocchio e caviglia. Ha iniziato il campionato rassegnandosi in partenza all’idea che fosse l’ultimo, ma se a maggio si accorgerà di averne ancora, come ha detto domenica, «perché dovrei smettere?». E pensare che se la Roma avesse potuto mantenere la promessa di inaugurare lo stadio di Tor di Valle nella stagione in corso, come nei programmi societari di partenza, Totti ci avrebbe giocato.
La svolta che allunga una carriera spaventosa è il nuovo ruolo da «capitano in corsa». E qui vengono i meriti di Spalletti, l’allenatore che sembrava pronto a mandarlo in soffitta e invece stava semplicemente trovando la strada migliore per allungargli la vita calcistica. Calarsi nella dimensione – mai avuta in passato – dell’uomo degli ultimi minuti è un compromesso ormai accettato di buon grado da Francesco, insieme all’arretramento di qualche metro in campo. Col suo gioco di prima e un senso della posizione innato, Totti resta praticamente immarcabile pur giocando quasi da fermo. L’azione del 2-2 di Dzeko è un perfetto esempio: si allarga fino alla linea laterale per ricevere palla isolato e ancor prima che gli arrivi sa già come e dove metterla per innescare il bosniaco in area. Dopo aver segnato nel 2014, a 38 anni e tre giorni, il gol più «anziano» della Champions detronizzando Giggs, ora il numero 10 ha altri obiettivi nel mirino per alimentare quella «testa» che fa la differenza. Oltre al sogno di un bis tricolore mai riuscito a nessuno nella storia della Roma, se riuscisse davvero a strappare un altro contratto nell’ottobre del 2017 diventerebbe il giocatore (escludendo ancora i portieri) più longevo di sempre in serie A: un primato al momento appannaggio di Billy Costacurta, che giocò la sua ultima partita col Milan a 41 anni e 25 giorni. Adesso fa l’opinionista in tv e commenta ancora i gol di Totti. Incredibile.