Che poi la fortuna del principiante sia una rassicurante fola è chiaro, no? Qui non esiste un santo che vegli sulle prime volte o se esiste è alle prime armi e ancora non ci si raccapezza. Eusebio Di Francesco ramazza punti in Champions League non perché ci è appena arrivato ma perché va a cercarli negli angoli sporchi così come è andato a cercare in El Shaarawy il Salah nascosto e in Perotti lo stoccatore sommerso. Altrimenti farebbero tutti come lui in Europa e non funziona così. Chi va bene, chi benino e chi proprio non trova la strada di casa. Il campione statistico non è neppure limitato: su 32 allenatori impegnati in questa scuola di vita, le matricole sono più di un terzo: 11, compreso Di Francesco. Prima volta in Champions League, vero? Si accomodi, è il benvenuto, e adesso cavatela da solo se ci riesci.
INSOSPETTABILI – Ebbene, Di Francesco è quello che se la sta cavando meglio. Oh, fatta la debita tara ai risultati non è che Gurban Gurbanov, tecnico del Qarabag, abbia di che lamentarsi. Non può lamentarsene neppure la Roma, alla quale gli azeri hanno sistemato per le feste l’Atletico Madrid pareggiandoci due volte. Qui però stiamo parlando di punti ottenuti in assoluto. Gurbanov peraltro è un beginner ma non absolute, principiante per la Champions, però sono quasi dieci anni che conduce le magnifiche sorti e progressive della sua squadra dopo aver girato da giocatore praticamente tutti gli altri club del Paese. Ci sono esordienti quasi insospettabili nella lista, che riportiamo a fianco. E’ il bollo del debuttanti che si stampa per esempio su Sergio Conceiçao, una mezza vita buona a giocare in Italia tra Lazio, Parma e Inter, innocente dell’eliminazione della Roma ai preliminari nella stagione scorsa perché solo adesso ha preso in mano il Porto e per dirne una ha schiaffeggiato il Monaco in casa sua, una scena brutale tipo Roma-Chelsea.
CONFRONTO – E’ talmente semplice la vita in Champions quando si è appena arrivati che, per esempio, Peter Bosz dopo essersi piazzato secondo in Europa League con l’Ajax è stato cooptato dal Borussia Dortmund, vincitore nel 1997, finalista nel 2013. Poi declinante, ma tutto sommato oggi secondo in Bundesliga. In Champions l’hanno messa in un girone tenero quanto un blocco di granito, però a parte perdere con Real Madrid e Tottenham il Borussia è colpevole di due pari con l’Apoel cipriota. E va bene che, come dice Di Francesco, una partita facile è una partita che non viene disputata. Cosa dovrebbe aggiungere, per continuare con gli esempi, Giovanni Van Bronckhorst, al quale hanno messo in mano ormai da un paio d’anni il Feyenoord e in quattro giornate ha incassato dodici gol da Manchester City, Napoli e Shakhtar? A conti fatti reggono il confronto con Di Francesco il quarantenne svizzero Raphaël Wicky, del Basilea, esordiente non solo di Champions ma di panchina in assoluto, e l’altro italiano Massimo Carrera, da due stagioni allenatore capo dello Spartak Mosca. A cui si potrebbe dire: non vale perché hai già diretto la Juve nel 2013. Ma erano due partite da sostituto, il tempo di consentire ad Antonio Conte di scontare la squalifica. Gliele abboniamo.