Un intuitivo principio della fisica sta diventando una mantra virtuoso in casa Roma: per volare servono le ali. Nelle ultime settimane Di Francesco non ha più avuto i gol di Dzeko, che spesso aveva nascosto con la sua classe e la sua grazia le difficoltà di gestione del possesso palla, ma si è sentito più ricco e protetto con il contributo realizzativo dei suoi esterni, in lando la serie di 5 vittorie consecutive che gli sono servite per riavvicinarsi alla vetta della classifica in campionato e per meritare il primo posto del girone (almeno provvisoriamente) di Champions League.
LONDRA – Lo spartiacque tecnico/tattico è stato la partita d’andata contro il Chelsea, a Stamford Bridge, che lo stesso Di Francesco ha indicato come la migliore della stagione. «Non abbiamo vinto per colpa di alcuni errori individuali ma abbiamo dominato» raccontava pochi giorni fa durante il forum nella nostra redazione. Quella notte di Stamford Bridge, a proposito di princìpi della fisica e di principi del calcio, ha portato Dzeko a sublimazione: due gol, uno dei quali alla Van Basten, contro una squadra a cui non era mai riuscito a segnare nella lunga militanza inglese al Manchester City.
PRE E POST – Prima di allora, la Roma era strettamente dipendente da Dzeko in fase di concretizzazione del lavoro svolto dalle parti dell’area di rigore avversaria: 10 gol in 10 partite, su un totale di 19 prodotti dalla squadra. Parliamo di una percentuale dunque superiore al 50 per cento, senza contare gli assist e i pali che pure spiegherebbero (e ancora giustificano) la sua etichetta di insostituibile nella formazione titolare. Dal ritorno a Roma, è cambiato tutto. Dzeko non ha più segnato (0 gol in 5 partite) ma la fluidità della manovra di squadra è migliorata sensibilmente, consentendo agli altri attaccanti di trovare con facilità la strada del gol: paradigmatica in questo senso è stata la grande vittoria nel ritorno, contro il Chelsea, in cui prima la doppietta di El Shaarawy e poi la sassata di Perotti hanno demolito il piano tattico di Antonio Conte. Nelle ultime 5 partite, appunto, la Roma ha ottenuto addirittura 8 gol dai suoi esterni d’attacco: 3 ciascuno da Perotti ed El Shaarawy più l’exploit fiorentino di Gerson, che si è proposto come validissima alternativa ai titolari nel ruolo di attaccante destro.
SODDISFAZIONE – Quando cominciano a segnare in tanti – la Roma ha avuto gol da 8 marcatori diversi in questo inizio di stagione – un allenatore è sempre contento: significa che la squadra si sente a proprio agio nella ricerca di soluzioni offensive diverse a seconda della situazione. Ma Di Francesco, che dopo Roma-Atletico aveva ripreso duramente Dzeko per le dichiarazioni critiche verso il sistema di gioco adottato, nelle ultime settimane è stato pieno di attenzioni per il suo centravanti: «Ammiro il modo in cui si sta applicando in tutte le partite. Il suo contributo difensivo nel pressing e la sua disponibilità verso la squadra sono determinanti per i nostri equilibri. I gol tornerà a farli, perché è un grande attaccante».
TRIDENTI – Vale la pena ricordare, a questo proposito, che Di Francesco ha sempre cambiato il suo tridente offensivo dopo le prime tre partite. In totale sono state 10 le diverse composizioni del trio di attacco, con addirittura 8 giocatori coinvolti e una sola stella polare: appunto Dzeko. Tra gli esterni i più utilizzati sono stati Perotti ed El Shaarawy, che nel turnover sono stati schierati dall’inizio 8 volte su 15 ciascuno. Non c’è mai stata una Roma che abbia rinunciato a tutti e due contemporaneamente.