Il derby non è una partita come tutte le altre. Lo ha ricordato Di Francesco la scorsa settimana sfatando ancora una volta un vecchio e mai condiviso pensiero zemaniano. Per qualcuno però questo derby sarà ancora più speciale. Perché lo ha già giocato, vinto e risolto. Dall’altra parte della barricata però. Sabato prossimo Aleksandar Kolarov, tre stagioni alla Lazio tra il 2007 e il 2010, disputerà la sua prima stracittadina della capitale da giocatore della Roma. Il bilancio da ex è in equilibrio: 2 vittorie, 2 sconfitte e un gol nel 4-2 per i biancocelesti l’11 aprile 2009. Un passato pesante per il serbo contestato dai tifosi romanisti più integralisti con scritte sui muri e qualche fischio allo stadio. Niente in confronto a quanto riservato ad altri doppi ex come Manfredonia o Fuser. Kolarov poi ci ha messo poco per farsi “perdonare” e per entrare nel cuore della Sud. Lo ha fatto a suon di gol e assist, ma soprattutto grazie a un comportamento da vero leader che ha permesso alla squadra di fare il salto di qualità. I giovani si fidano dei suoi consigli (come ha ammesso Schick), gli altri senatori lo stimano, Di Francesco stravede per lui e fin qui gli ha risparmiato solo la partita col Bologna.
Per convincere proprio tutti, però, servirebbe un graffio nel derby. Il terzino lo sa, e per preparare al meglio la sfida alla sua ex squadra ha ottenuto il via libera dal ct Krstajic che gli ha risparmiato l’inutile amichevole con la Corea del Sud e già sabato sera lo ha rimandato a Roma. Lo stesso trattamento è stato riservato a Tadic, Kostic e Tosic mentre Milinkovic-Savic è stato trattenuto. Questione di gerarchie. Kolarov oggi sarà presente alla ripresa degli allenamenti e spera di dare un dispiacere alla Lazio (esulterà in caso di gol). Coi supporter biancocelesti il rapporto è stato di amore-odio. Qualche ruggine, infatti, è nata per le parole del serbo dopo il tifo pro-Inter del 2010: «Sono ancora sconcertato. La stragrande maggioranza ci urlava di non giocare la partita invece di pensare alla salvezza per la Lazio. Questo atteggiamento è andato oltre la rivalità sportiva, oltre il buon senso e l’intelligenza»