Per la prima volta da 23 anni, il suo derby Francesco Totti l’ha giocato un giorno prima, all’Olimpico, da ambasciatore. Eppure la sfida della capitale non pare quasi accorgersene, anzi non è mai stata così bene. Roma-Lazio, oggi, è il derby d’Europa. Nessuna altra città, in questo momento, può vantare due squadre più in forma: cinquantacinque punti in due, uno in più delle due di Manchester, il City di Guardiola, lo United di Mourinho, che pure dominano la Premier. E poi 6 più di Milano e 7 più di Torino, nonostante Milan, Inter, Juve e Toro godano di una gara in più. E 9 più di Madrid, 11 più di Barcellona. Soltanto quattro anni fa le romane, impantanate ai margini, cercavano una porta per l’Europa nella finalina di Coppa Italia. Da quel giorno – era il 2013 – Roma è la città italiana che ha fatto più punti: 3,84 a settimana contro i 3,82 di Torino e i 3,18 di Milano. Il rinascimento del calcio romano ha convinto lo scettico pubblico della capitale ad alzarsi dalla poltrona per tornare all’Olimpico: cinquantacinquemila biglietti staccati non si vedevano da quasi otto anni, persino la tribuna Monte Mario, quella più cara, è da giorni sold out. Pure Nainggolan e Immobile, in dubbio fino a qualche ora fa, vorranno esserci: «Anche con una gamba sola», come annunciava il romanista a un amico in un messaggio vocale arrivato sui telefoni di mezza città.
Lo stadio è ancora scomodo, i parcheggi pochissimi, ma più che di infrastrutture Roma ha voglia di squadre che vincano e giochino a calcio. Roma e Lazio ci sono arrivate pianificando: il mercato degli ultimi 5 anni è in parità per i biancocelesti, addirittura in attivo per la Roma. Programmi che hanno tanti padri e qualche punto in comune. Due allenatori- tifosi, che giusto 18 anni fa si trovavano a giocare da avversari lo stesso derby, con le stesse squadre, con le scarpette ai piedi. Due manager bravissimi a portare giocatori di qualità e a rivenderli a peso d’oro garantendo flussi di cassa e quelle plusvalenze da cui nessuno può più prescindere. Quattro giovani papà: 41 anni Inzaghi, 44 Tare, 48 Di Francesco e 49 Monchi. Oltre ai dirigenti-bandiera: Francesco Totti, 41 anni, e Angelo Peruzzi, 47. Ieri erano insieme, con la famiglia di Gabriele Sandri, il tifoso della Lazio ucciso dieci anni fa dal proiettile esploso da un poliziotto, a farsi fotografare allo stadio: a lui sarà dedicata la coreografia che vestirà la curva nord. Sorpresa romanista, il riscaldamento della squadra, condotta da De Rossi, sotto la curva. Solo una delle due facce di una partita che da sempre mescola gli eccessi. E allora anche sul derby felix si allunga l’ombra delle rivalità tra ultrà. È cresciuta nelle ultime due settimane, s’è alimentata degli episodi dell’ultimo periodo – gli adesivi con Anna Frank in curva sud, l’assalto romanista ai tifosi del Chelsea, gemellati con i laziali – germogliando nel timore di uno scontro, complice la consueta visita dall’estero di gruppi organizzati: Dinamo Zagabria e Southampton, Wisla Cracovia e West Ham. Anche per questo dalla notte scorsa digos e polizia, temendo rappresaglie, presidiano i luoghi a rischio: il lato oscuro di un derby che rifiuta la normalità.