Che senso ha far esordire un ragazzo di diciannove anni, da pochi mesi in Italia, e sostituirlo durante l’intervallo? Non un ragazzo qualsiasi, a dire il vero,ma uno che si porta sulle spalle un robusto assegno da 17 milioni di euro, tanto la Roma ha pagato Gerson. Un investimento pesante per un giocatore considerato dal ds Sabatini la più bella promessa del calcio brasiliano. Uno che, se contassero solo i soldi investiti, dovrebbe già vincere le partite da solo. Ingiusto chiedergli di riuscirci adesso, però. E visto che era la sua prima, vera esperienza, non sarebbe stato più giusto dargli la possibilità di far bene o di sbagliare fino in fondo? Perché così nessuno, quasi nessuno, ci ha capito niente.
Cioè, che giocatore è. Un bluff, un fenomeno, un pippone, un incompreso? Non è (ancora) chiaro; anzi, la partita contro il Viktoria ha contribuito ad alimentare la confusione. È evidente che, alla pari di Alisson, Gerson non è un acquisito di Spalletti ma forse il tecnico lo sta centellinando semplicemente per farlo crescere in maniera completa. Fargli giocare soltanto 45 minuti, intanto, è apparsa una solenne bocciatura. E allora il quiz si fa più complicato: bocciato un bravo giocatore o uno scarso? Continuando così, ci vorrà molto tempo per capirlo. O forse non lo capiremo mai, nonostante 17 milioni di buoni motivi per riuscirci.