L’unico ambito in cui alla malandata Roma-Lido capita di arrivare prima, sono le classifiche di Pendolaria, i ranking annuali sulle peggiori ferrovie del Paese. In questo campionato ferroviario al rovescio, dove finiscono in testa le linee più disastrate, la tratta che collega Ostia alla Piramide Cestia, passando per Tor di Valle, non conosce rivali, e supera perfino al malconcia Circumvesuviana di Napoli. Addirittura l’Antitrust poche settimane fa ha comminato all’Atac una multa milionaria (comprensiva di sconto, «tenendo conto della situazione economica disagiata dell’azienda») per la sistematica soppressione delle corse, senza dare adeguate informazioni ai passeggeri. Questa insomma è la sinistrata ferrovia che dovrebbe trasformarsi nel giro di due-tre anni in un gioiellino dei trasporti urbani, capace di far arrivare al nuovo stadio della Roma e al gigantesco «Ecomostro» di uffici e negozi che ci nascerebbe accanto 20-30mila persone l’ora. Cioè un treno ogni 4-5 minuti (oggi, se va bene, ne passa uno ogni quarto d’ora). Per arrivare a una frequenza decente, i francesi di Ratp – la società che gestisce il metrò di Parigi – hanno calcolato che sulla Roma-Lido servirebbe un investimento di 400 milioni. Ai privati che vorrebbero costruire il nuovo impianto sportivo e il mega-centro commerciale e direzionale, invece, la conferenza dei servizi appena conclusa ha chiesto 45 milioni per l’intero piano mobilità.
NUOVI CONVOGLI – Una cifra con cui potrebbero essere comprati al massimo 5-6 treni nuovi. Eppure il parere finale conferma la prescrizione già avanzata dal Comune, cioè che lo stadio potrà aprire solo se metà degli spettatori sarà in grado di arrivare con i mezzi pubblici. Come già sottolineato da diversi esperti, con i fondi privati è impossibile raggiungere questo traguardo. Forse non basteranno neanche i fondi della Regione Lazio, 180 milioni che però vanno spalmati sull’intera tratta, non solo sulle fermate intorno a Tor di Valle. Questa è la principale falla che emerge dal parere finale che stanno elaborando i tecnici di Campidoglio, Pisana e ministeri vari. Falla che, se non sanata, è destinata ad allargarsi e ad avere pesantissime ripercussioni sulla circolazione del quadrante Sud di Roma. Perché è chiaro che se il piano trasporti fallisce, anche tutte le simulazioni di traffico elaborate dai privati rischiano di essere sballate. Anche ammesso che vengano costruiti tutti e due i ponti considerati «necessari» dalla conferenza, quindi il Ponte dei Congressi (pagato con i fondi pubblici del Cipe) e il Ponte di Traiano, originariamente a carico dei privati e poi rimasto senza coperture economiche dopo il taglio parziale alle cubature deciso a febbraio dalla giunta comunale. Alla vigilia del voto finale in conferenza dei servizi, sia il ministro dello Sport, Luca Lotti, che il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, hanno assicurato che a pagare questo ponte sarà lo Stato, anche se l’assessore all’Urbanistica di Roma, Luca Montuori, lo aveva giudicato utile solo ai privati. Delrio ha già ipotizzato di utilizzare i fondi dell’Anas, l’ente nazionale delle strade. Eppure la firma su un “accordo di programma” tra i vari enti pubblici non è arrivata l’altro ieri, durante l’ultima seduta della conferenza. I tecnici hanno dato il via al progetto, senza avere precisato chi sarà a pagare questa infrastruttura, giudicata «necessaria» non solo per evitare che la viabilità vada definitivamente in tilt, ma anche per assicurare la sicurezza dell’area, a partire dalle vie di fuga in caso di pericoli. La Regione ha fatto sapere che ora toccherà al Campidoglio «verificare se ci sono le risorse e dove trovarle». Altrimenti il progetto proseguirebbe pericolosamente il suo iter in Comune, senza che una delle sue prescrizioni più determinanti e delicate sia rispettata.