Stefano Sorrentino ha fermato la Roma di faccia, di piede e in altri modi ancora. Se i Di Francesco boys oggi piangono sui punti perduti e sull’occasione mancata di aggredire meglio la lotta scudetto – «Ma noi non lottiamo per lo scudetto» ha piccatamente precisato l’allenatore – lo debbono a questo portiere ormai 38enne, che ha fatto sì in venti anni il giro della provincia ma è anche diventato ormai uno dei senatori della serie A. Si è ritrovato stampato sul naso un tiro di Gerson nel primo tempo, poi nel finale ha parato alla Garella un colpo deviato di Schick. E il pubblico del Chievo ha osannato il suo eroe protagonista di un gelido mezzogiorno veronese. Incassati i cinque gol dell’Inter ci voleva proprio una partita così, a ritrovare quell’orgoglio di provinciale che va a scompigliare i piani delle big. Il Chievo quattro turni prima aveva già fermato il Napoli, e adesso stesso trattamento per la Roma che in trasferta qualcosa sta regalando, e i cui gol stanno sensibilmente diminuendo. Lo 0-0 per la Roma – che poteva salire a tre punti dall’Inter con una gara in meno – è quasi una sconfitta, per il Chievo quasi una vittoria che fa stare tranquilli nel ventre del- la classifica, per Stefano Sorrentino una conquista che a questa età si apprezza ancora di più.
I Sorrentinos da 30 anni riempiono le partite di serie A. Il padre Roberto era il portiere del Catania anni 80 di Massimino, Pedrinho e Luvanor. La madre è tifosa romanista: «Ma oggi è arrivata a Verona in treno per tifare per me. Dice sempre che se si taglia le vene esce sangue giallorosso». Sorrentino jr, come tutti i grandi vecchi, già da qualche anno lotta contro i prepensionamenti anticipati, così come è capitato a Totti o Buffon. Al Chievo è arrivato perché al Palermo volevano che facesse da chioccia ai giovani. Lui ha rifiutato e se ne è andato. In realtà anche perché le ultime esperienze con Ballardini erano state traumatiche. Sorrentino stesso due anni fa a Palermo aveva capeggiato contro l’allenatore una clamorosa rivolta, culminata addirittura con l’esonero del tecnico «per aver messo in discussione l’integrità morale della squadra».
Ha un ego notevole, tanto da essersi già scritto l’autobiografia, così come può fare un Ibrahimovic qualsiasi, «perché tanto domani molti si dimenticheranno del sottoscritto, quindi meglio scriverla subito» disse. E ci ha pure messo un titolo alla Julio Velasco, “Gli occhi della tigre”. Un altro portiere forse non ci sarà, la schiatta dei Sorrentinos potrebbe fermarsi qui, almeno in linea maschile, visto che ha quattro figlie, la più delle quali l’ha accompagnato in campo. Sorrentino è pure testimonial degli Insuperabili, una scuola calcio torinese per ragazzi con disabilità. Ovviamente nelle sue parate «c’è anche un po’ di follia», soprattutto quella in mezza rovesciata di piede. Riassumendo: un terzo di Sorrentino Sr., un terzo di Garella, un terzo di Malgioglio (Astutillo, non Cristiano del Grande Fratello Vip), portiere dal grande cuore che dedicava la sua vita al recupero dei disabili. Nonostante il lancio definitivo di Schick e le sgroppate imperiali di Kolarov, la Roma ha lasciato così un po’ dei suoi sogni nelle mani di un bravo portiere. «E quando serve so metterci pure la faccia».