La Roma aspetta segnali dai nuovi acquisti, da Schick in giù, ma nell’analisi dei problemi non può prescindere dalla constatazione di un fatto evidentissimo: da quando è calato Diego Perotti, il gioco di squadra è diventato compassato e prevedibile autolimitandosi in termini di pericolosità offensiva.
CARATTERISTICHE – Il problema è che in organico non esiste un altro giocatore capace di cambiare improvvisamente ritmo e di saltare l’uomo. L’altro doveva (dovrebbe) essere Schick ma finora non si è mai visto. E l’idea accarezzata di farlo coesistere con Dzeko è stata rapidamente accantonata da Di Francesco di fronte a un elemento basico: Schick non è, o almeno non è ancora, un esterno offensivo. Per questo in estate Monchi aveva provato a lungo a prendere un altro tipo di giocatore, cioè Mahrez che ora è al centro di un intrigo tra Leicester e Liverpool. Avvertivano, tanto Monchi quanto Di Francesco, l’esigenza di qualità in un gruppo forte e solido ma mediamente poco creativo.
CALO – Forse è come dice Strootman: la squadra ha avuto una flessione psicologica dopo aver vinto il girone di Champions League. Ma le difficoltà erano emerse anche un po’ prima: sia nella notte decisiva contro il Qarabag, sia contro Atletico Madrid e Genoa a qualificazione non ancora raggiunta. Guarda caso, è stato il periodo peggiore di Perotti. Straordinario fino al derby di novembre, occasione tra l’altro del suo ultimo gol stagionale, improduttivo dopo. Gli eccessi osservati contro l’Atalanta, 26 palloni persi, sono l’esempio lampante di un giocatore che ha perso brillantezza e che, forse per nervosismo, spesso si intestardisce in soluzioni personali nocive per il collettivo: un conto è tentare un dribbling sul limite dell’area, idea apprezzata da ogni allenatore, un conto è partire da metà campo (dove Di Francesco lo ha sistemato nel disperato assalto finale di sabato) e immaginare di saltare quattro o cinque avversari. Si chiama Diego, Perotti, ma non è Diego.
RIPOSO – Magari le vacanze in Argentina lo aiuteranno a ritemprarsi. D’altra parte dei suoi guizzi questa Roma non può fare a meno. Lo ha dimostrato nei fatti Monchi, rinnovandogli il contratto fino al 2021. «Qui sono importante» ricordava Perotti a inizio dicembre, in concomitanza con la sospirata firma. Ora però vuole sdebitarsi con il club, celebrando il prolungamento del rapporto professionale con un filotto di partite d’eccellenza. Di Francesco non aspetta altro.