Damiano Tommasi, a poco tempo dalle elezioni per il Presidente della Federazione, ha rilasciato altre dichiarazioni:
Innanzitutto, come stai? “In movimento, in viaggio”.
Sei uno dei tre candidati alla poltrona della Federcalcio, stai portando avanti una campagna vicina alla gente. Cosa ti hanno chiesto di più? “Più che campagna elettorale credo sia un modo di essere federazione che andrebbe spinto. La federazione è privata ma ha un ruolo estremamente pubblico. I social hanno risposto in maniera seria, nonostante spesso siano casa di battute poco carine e interattive. Ci hanno mandato molte idee. Bisogna essere attenti al tema sportivo. Nel mio programma ci sono già le seconde squadre, anche se è un tema che difficilmente troverà soluzione visto che a scegliere saranno i club”.
I tuoi avversari?
“Una candidatura come la mia può essere più incisiva. Gli altri due candidati provengono da un sistema elettorale strano. Abbiamo provato a fare degli incontri pre elettorali. Non dimentico il percorso avuto con Gravina l’anno scorso, ma contano anche le risposte che deve avere la federazione in futuro, capendo quali saranno le maggioranze. Ad oggi nessuno dei tre candidati ha la maggior parte delle preferenze”.
Sibilia, nel suo programma, vuole affidare la gestione del Club Italia a uno del suo corso.
“L’Italia deve essere considerata come una squadra di club, con competenze sportive e dirigenziali che provengono dai club e che affrontino gli impegni sportivi con quella prospettiva. È una delle priorità”.
C’è fiducia nei confronti di Ulivieri? “Sì. È confermato quello che è uscito pubblicamente. S’è ricomposto l’asse atleti-allenatori. Il progetto sportivo deve tornare al centro della discussione con le competenze dovute. Ciò che è mancato negli ultimi mesi è stata proprio attenzione nei confronti di quell’aspetto. Questo tema conterà in campagna”.
Hai detto che essere un ex calciatore è un handicap in questa corsa. Ma questa tua “inadeguatezza” può essere un elemento di rottura? “L’handicap di esser stato calciatore non sta nell’inadeguatezza politica, ma nell’aver lavorato con l’Associazione Calciatori, portando avanti le loro battaglie. Accogliere altri ex calciatori nella Federazione, se supportati, sarebbe una scelta lungimirante. Valorizzare la candidatura di grandissimi campioni, alla lunga, diventa un valore aggiunto. Ricordo Yuri Cechi o Antonio Rossi”.
Totti? “Vorrei creare le premesse affinché ci sia attenzione da parte di questi campioni nei confronti della Federazione. Per ora non c’è, complice una situazione poco chiara. Totti, come tutti i grandi azzurri del passato, sarà un obiettivo da perseguire. Consci del fatto che non bastano i campioni. Servono anche altre competenze”.
Lotito? “È uno dei potenziali candidati, ha fatto di tutto per proporsi. Dicono che io sia di parte, ma dubito che un presidente di due società professionistiche possa essere super partes. Sapete quanto ha contato in Lega negli ultimi anni, ingessandone i movimenti. Se si mettesse a disposizione delle istituzioni, e non dei numeri, sarebbe una risors”a.
L’esodo in Cina? “Anche io ci andai, in anticipo rispetto ad altri. Ero curioso di scoprire un altro mondo attraverso il mio lavoro. Oggi i motivi sono altri, prettamente economici. Ma così come si parte, spesso si torna in Europa, dove c’è la Champions”.
A 30 anni, se non avessi vinto niente, saresti andato in Cina?
“Ci sono andato a 34. Avessi avuto un’altra famiglia, e non 4 figli, sarei rimasto molto più a lungo. C’era la prospettiva di un futuro migliore, mentre in Europa spesso non è così”.