Svolta nella crisi del club: scende in campo l’Eroe Mundial, amatissimo dai tifosi – Gli hanno riservato un’accoglienza che, confida, non dimenticherà mai più. E non solo per tributare un successo strepitoso alla mostra che parla di lui, della sua vita, del suo Vicenza, della sua Italia campione del mondo ‘82, del suo Pallone d’Oro. Se potesse, Pablito ringrazierebbe a uno a uno i settemila vicentini che, sino a domenica scorsa, a Palazzo Cordellina hanno visitato l’esposizione itinerante, mai capitata tanto a proposito qui, in questo periodo in cui il Lanerossi si gioca il passato, il presente e il futuro. Il Lane di Rossi: ieri, oggi, domani. Sempre.
CADERE E RIALZARSI – «Ho letto sul Corriere dello Sport gli sviluppi della situazione societaria. C’è una sola squadra, una sola società per la quale sarei pronto a tornare in campo, stavolta come dirigente: E questa squadra, questa società si chiama Lanerossi Vicenza. A un condizione, chiara e forte, per me e per tutti. Sono disposto a mettere il mio nome e la mia faccia per la rinascita del club, a patto di avere a che fare con una proprietà seria e degna dei tifosi. Sottolineo: seria e degna. Non mi interessano né cariche né prebende: la qualifica non conta. Conta realizzare un programma serio, concreto, pulito che punti al rilancio in grande stile del club. Io ho un obbligo morale con questa città e con la sua gente, con il Vicenza e con i suoi tifosi». Parole importanti, parole preziose, parole che rincuorano i sostenitori biancorossi: a pronunciarle è un Mito che loro non hanno mai dimenticato, nella stessa misura in cui lui, non ha mai dimenticato loro. Alla chiusura della mostra, visibilmene emozionato, Rossi ha confessato agli astanti: «Non sono nato qui, ma forse sono più vicentino dei vicentini. Qui è come se avessi vissuto quattro vite e non solo per i tre anni in cui ho giocato: quelli sono stati anni fantastici, anni in cui la città e i tifosi erano un tutt’uno». E ancora: «Sono caduto e mi sono rialzato almeno cinque o sei volte. La vita è fatta così, ma bisogna trovare sempre la forza di ripartire e quindi non dobbiamo scoraggiarci perché c’è una base straordinaria costituita dai tifosi e dalla città. Si riparta con volti e con facce nuove e sono sicuro che andrà anche meglio».
LACRIME PER SALVI – Passione, gratitudine e disponibilità a essere presente con tutto il peso della sua autorevolezza e della sua immagine: nelle parole di Paolo si inseguono i diversi stati d’animo di un signore che appartiene alla storia del calcio mondiale, ha raggiunto la notorietà planetaria, ma non dimentica la terra che l’ha accolto, l’ha coccolato ed è impazzita per lui quando aveva vent’anni. Per lui e per il Grande Lanerossi Vicenza in cui giganteggiava anche Giancarlo Salvi: compagno di squadra, amico, socio in affari. «Un vero fratello per me, con il quale ho condiviso trent’anni di vita e quei tre anni in biancorosso, dal ‘76 al ‘79, quando arrivammo secondi in serie A e io vinsi il titolo dei cannonieri». Giancarlo se n’è andato il 6 maggio 2016, a Vicenza. Aveva 71 anni. Ricordandolo, a Paolo sono venute le lacrime agli occhi e gli sono ritornate alla memoria le parole d Sant’Agostino che scrisse nel post su Facebook, il giorno dei funerali di Salvi: «La morte non è niente. Sono solamente passato dall’altra parte: è come fossi nascosto nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima, l’uno per l’altro, lo siamo ancora. Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare; parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme. Prega, sorridi, pensami! Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza. La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza. Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? Non sono lontano, sono dall’altra parte, proprio dietro l’angolo. Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace». Ha scritto Franco Cerilli, il ragazzo con i calzettoni arrotolati, un altro che appartiene alla storia del Lanerossi: «Il Duomo vibrava di un’intensità incredibile».
L’UOMO D’ACCIAIO – Paolo ha letto le parole di Claudio Pasqualin, ieri, sul Corriere dello Sport: «Nicola Amenduni, lo straordinario patriarca delle Acciaierie Valbruna, colosso mondiale con 2.500 dipendenti e 40 filiali in tutto il mondo, azionista Mediobanca e Generali, sponsor del club, è un signore di cent’anni legatisismo al territorio. Sia come uomo solo al comando sia come catalizzatore di una cordata di grandi imprenditori, farebbe rinascere il Vicenza». Paolo annuisce: «Amenduni sarebbe davvero l’ideale. Se lui c’è, io ci sono».