A rileggerli, i numeri di Patrik Schick dentro quei 27 minuti di Marassi, resta forte la sensazione che la Roma abbia giocato la partita con la Samp al contrario, tenendosi in tasca il jolly spaccapartita chissà per quale motivo. L’altra lettura, più buonista, è che Schick fin qui non aveva dato segnali tali da giustificare un suo utilizzo più ampio. La sintesi è estrema: ora la scintilla è scattata, il 24 gennaio il ceco ha festeggiato non solo i 22 anni ma pure la prima vera giornata da Roma. Schick ha rianimato una squadra sull’orlo di una crisi di nervi, ha dato colore a una Roma ingrigita e senza fantasia.
I NUMERI – Basti un dato: in meno di mezzora il ceco ha tentato con successo 4 dribbling, solo Under ha fatto quanto lui, nessuno degli altri, che pure hanno avuto 90 minuti di tempo, s’è avvicinato. Diceva tempo fa Di Francesco che, fosse stato per lui, al mercato avrebbe chiesto un giocatore in grado di saltare l’uomo. Eccolo, trovato. Cinque duelli vinti (uno più di Dzeko), undici passaggi positivi, solo uno in meno di Defrel a cui ha dato il cambio, due in più di Under: Schick cerca il pallone, lo vuole tra i piedi e la squadra ne riconosce la profondità di pensiero. Magari non attaccherà (ancora) la porta come gli chiede Di Francesco, ma se una morale la serata di Genova ha lasciato in eredità è che la Roma farà bene a chiedere a Schick la benzina necessaria per rincorrere la Champions. A maggior ragione dentro una squadra che fa una fatica matta a segnare: mai più di un gol a partita dall’1 dicembre, in assoluto impresa riuscita solo in sette partite su 21. Ecco, in mezzo a questo panorama c’è che tre degli ultimi quattro gol in campionato sono arrivati con il ceco in campo. Forse un caso. O forse un errore pensare da qui in avanti una Roma senza Schick.