Psicodramma Roma. Zero punti, zero gol, è una crisi infinita. Ormai non vince da 44 lunghi giorni e l’attacco guidato da un Dzeko distratto (e ci mancherebbe) cambia volti e nomi, ma non i numeri: è l’ottavo della Serie A. Arrivano i fischi, assordanti al triplice fischio, e la contestazione si sposta da Trigoria all’Olimpico, a suon di cori… e di dollari. In curva i tifosi si sono presentati muniti di insulti verso Pallotta («pezzo di m…») e il dg Baldissoni e di banconote finte da un dollaro con la faccia del presidente stampata sopra, alcuni sfoggiavano anche una maglia bianca con la scritta «vendesi giocatori a scelta».
Il «prescelto» è in campo, maglia numero 9 e la testa piena di dubbi. Il Chelsea lo aspetta, Dzeko ha preso tempo, facendo slittare anche l’affare Palmieri, ma oggi è il grande giorno: parte o resta, la decisione va presa. Non si può rinviare all’infinito il destino del bomber con la valigia, che ha giocato da titolare tutte le partite in questo mese difficile, con le sirene del mercato ben accese. Da Verona non sarà più così, non potrà esserlo: o ci sarà, a mente libera, o sarà lontano parecchi chilometri. Dentro o fuori. Molto dipende dal giocatore, che ancora deve trovare l’accordo con gli inglesi su ingaggio e durata del contratto. Per un pugno di dollari, sterline o euro che siano, rischia di saltare tutto.
E le parole di Monchi nel prepartita lasciano intendere che ci sia più di una possibilità di vedere Edin in giallorosso almeno fino al termine della stagione, come si augura Di Francesco: «Parlo col mister ogni giorno, è normale – dice il diesse – che quando si arriva alla fine del mercato siamo tutti un po’ stressati… Noi siamo contenti del lavoro dell’allenatore e della sua comprensione dei movimenti che fa la società. Siamo allo stesso punto degli altri giorni, siamo contenti che Dzeko sia qui. Pensavo che in Italia ci fosse fiducia nel direttore quando parla, evidentemente non è così, spero l’abbiate in futuro». Il futuro, in teoria, è Patrik Schick, ma un erede che sia tale non può contare più assenze (13) che presenze (11, e solo 3 da titolare) in stagione: «Il ragazzo è giovane e sono convinto che pensava di avere un cammino diverso. Bisogna stargli vicino e trovare una soluzione affinché questo infortunio non gli capiti più». Per ora è un grosso punto interrogativo e il problema cronico ai flessori lo blocca sempre sul più bello: nel finale di gara a Marassi aveva mandato segnali incoraggianti e Di Francesco era pronto a consegnargli una maglia per il bis con la Sampdoria, prima che tornasse a galla il vecchio guaio e ricominciasse l’incubo.
A fine rifinitura il campanello d’allarme, poi gli esami e il forfait nella partita in cui doveva essere protagonista. Un ragionamento sulla sua affidabilità va fatto prima di vendere Dzeko: la Roma rischia di ritrovarsi senza centravanti (anche Defrel entra ed esce dall’infermeria ed è ancora a secco di gol) nel momento in cui fa una fatica incredibile a segnare, persino su rigore. Tre penalty consecutivi falliti da Perotti, Dzeko e Florenzi: la lista della crisi del gol si allunga. Per risolverla non c’è solo la soluzione casalinga, perché Monchi ha tra le mani un esterno top secret, o almeno così sembra, ed è anche per lui che l’addio di Dzeko è rimasto in stand-by: prima il diesse vuole avere la certezza di chiudere il colpo.