Parla come gioca, Kevin Strootman. Lo vedi così in campo, dritto per dritto, pallone o avversario, lungo quel binario da cui mai esce per un dribbling o uno svolazzo per il pubblico. E sì che un dribbling sarebbe stato utile alla Roma ieri, dentro un’intervista che l’olandese ha usato per tratteggiare il suo momento e probabilmente il sentimento di tutto lo spogliatoio. C’è una società che fa una fatica matta – l’ultimo a metterci la faccia è stato due giorni fa il d.s. Monchi, in diretta tv – per spiegare le proprie strategie, per ragionare intorno ai principi di un fair play finanziario che vale per tutti. Vale all’estero, in Italia anche per la Juventus, anche a Torino cedono i giocatori: quante volte i dirigenti della Roma hanno ripetuto questo concetto. Ecco, di là invece c’è un calciatore che racconta: «Monchi parla di progetto vincente? Per la Roma è difficile, non è un club che compra solamente i giocatori – ha spiegato Strootman a Sky –. Ogni tanto la società deve cedere, in questo non siamo come Napoli e Juventus che non devono vendere per forza. Noi invece abbiamo perso Salah, Rudiger, Paredes, Pjanic e Benatia. Certo, ho fiducia in Monchi e Pallotta, hanno sempre costruito squadre forti e anche in futuro sarà così. Ma qui è una cosa diversa rispetto ad altri club in Italia».
DUBBI – È tutta qui, in questa asimmetria tra i ragionamenti della proprietà e dei suoi stessi giocatori la grande difficoltà della Roma. Naturale raccontare come a Trigoria le parole di Strootman non abbiano fatto troppo piacere, a maggior ragione dopo un periodo di evidente difficoltà vissuto dal gruppo di Di Francesco durante il mese di gennaio, difficoltà di cui (forse) le parole stesse dell’olandese sono espressione. E anche in virtù dei risultati che – raccontano a Trigoria – hanno visto la Roma davanti al Napoli in tre degli ultimi quattro campionati. Le voci su Nainggolan prima e Dzeko poi hanno complicato la vita alla squadra, questo lo ha fatto capire lo stesso Di Francesco. E allora che poi Strootman abbia dubbi sul proprio futuro, in fondo, passa anche in secondo piano: «Ho rinnovato (fino al 2022, ndr) per restare qui a lungo, ho profonda riconoscenza verso un club che mi ha aspettato dopo tre operazioni. La clausola da 45 milioni? Nel calcio non si sa mai, forse la Roma preferirebbe i soldi alla mia permanenza, oppure un altro giocatore: non si può sapere». Concetto che alla Roma vale per tutti, benintesi. Strootman, ad esempio, potrebbe far parte di quel piano alternativo di cessioni da parte del club per evitare l’addio di Alisson.
MENO FORTI – Di sicuro l’olandese non vive una stagione felice, il rendimento rispetto alla scorsa stagione è sceso. Come quello della Roma tutta: «Napoli e Juventus sono più forti di noi, questo è sicuro – ancora il centrocampista ex Psv –. Peccato non essere rimasti in scia, noi non siamo competitivi per lottare con loro. Ma una squadra come la Roma deve giocare la Champions League. Puntiamo al terzo posto, altrimenti andrà bene anche il quarto». Che nella pratica sia la stessa cosa è vero, che non sia un esempio di mentalità vincente associare una terza a una quarta posizione lo è però altrettanto. E non sarà certamente sfuggito a Trigoria.