In fondo non siamo poi così lontani dal mitico «Lavoro, guadagno, pago, pretendo». L’accento non sarà milanese come quello di Guido Nicheli, ma più che sulla forma conviene concentrarsi sulla sostanza. L’Eusebio Di Francesco che dopo la sconfitta di Kharkiv – anzi, dopo il ribaltone figlio di un secondo tempo da schiaffi – punta il dito contro i suoi giocatori, nello specifico quelli con maggiore esperienza, è il ritornello in rima della convinzione che via via si sta facendo strada dentro la Roma, la società Roma. In soldoni: la squadra non rende per quello che viene riconosciuta, stimata, pagata. Perché altrimenti non si spiegherebbero i 16 punti di distacco dal Napoli in campionato. Perché altrimenti non sarebbe giusto tratteggiare un gruppo di ragazzi che sparisce dal campo alla prima vera grande difficoltà di un ottavo di Champions, difficoltà che una squadra come lo Shakhtar può legittimamente pensare di causarti. E allora ecco un Di Francesco poco diplomatico affermare che «la nostra è una fragilità incomprensibile. Dopo l’1-1 avrei dovuto cambiare tanti giocatori. Forse volevano gestire, ma non so cosa. Il pareggio ha dato fiducia agli avversari, ma non può giustificare certo il finale dei nostri calciatori di caratura internazionale».
PARAMETRI – È una frecciata diretta a chi lo spogliatoio di Trigoria lo vive da anni, ma pure a chi dovrebbe avere, per curriculum, una dose d’esperienza sufficiente per gestire le pressioni. Nella Roma, invece, funziona tutto al contrario. Funziona che l’esordiente Under ha l’animo leggero e il piede caldo, che Alisson – un altro alla prima stagione di Champions – non sbaglia una partita. E che gli altri – da Nainggolan a Dzeko, da Florenzi a De Rossi, da Strootman all’ultimo Kolarov – mollino come travolti da una valanga. Il richiamo di Di Francesco serve a stimolare una reazione d’orgoglio, certo. Ma pure a mettere di fronte alle proprie responsabilità gli attori principali della Roma, che avrebbero tutte le possibilità per condurre una stagione migliore dell’attuale sul piano dei risultati. Nel calcio l’unità di misura è spesso sfuggente, però un paio di parametri non possono non essere presi in considerazione. L’undici di Kharkiv somma 445 presenze nelle rispettive nazionali. Il Napoli che in campionato è 16 punti più su, si ferma a quota 333, di cui solo 103 totalizzate da Hamsik. Parametro numero due, il monte ingaggi: la Roma paga stipendi per 91 milioni di euro, il Napoli dieci in meno (più premi). Ciliegina: molti giallorossi sono (o sono stati) capitani sia nei loro club e in Nazionale. Allora delle due l’una: o il valore dei giocatori è stato sovrastimato (potrebbe essere, ma non si spiegherebbero le presenze in Nazionale) o il loro rendimento è al di sotto delle aspettative di società e allenatore.
CONFRONTO – Allenatore che ieri a Trigoria ha tenuto a ribadire forte alla squadra il concetto espresso in Ucraina. Di Francesco ha chiesto ai giocatori maggiore concentrazione, spirito di sacrificio e soprattutto personalità. Il momento è decisivo, in ballo c’è la Champions di oggi e quella di domani. Oltre che il futuro di un organico che in estate sarà molto probabilmente fortemente ritoccato.