Nel riverbero delle torce.
Dentro un castello.
Due innamorati romani.
Lei: «Amo’… Ma damose un bacio, no?»(segue smorfia furbetta)
Lui: «E dai… Nun lo vedi che…».
Lei: «E smettila! Avvicinate un po’…».
Lui: «Vabbé…» (tra il rassegnato e il divertito, tipo quando torna a centrocampo dopo averla messa dentro scucchiaiando e noi lì, a domandarci sempre come abbia fatto).
Francesco Totti abbraccia e bacia lungamente, con passione di fuoco, sua moglie Ilary Blasi (alla faccia di «quelli che pensano sia la più grande cornuta d’Italia») mentre grida di evviva e applausi rimbombano nella fortezza di Tor Crescenza: ci sono tappi di champagne che esplodono, tre drug queen compaiono ancheggiando e questo è il segnale, il festone può avere inizio e gli invitati sono allora tutti scossi (quasi tutti: il presidente del Coni Giovanni Malagò e la sua compagna Daniela restano sobriamente seduti) dall’eccitazione di esserci, di essere stati ammessi a questa roba che è qualcosa che somiglia molto più a un sabba in onore di Totti, che a una semplice festa di compleanno.
Poi si volta una signora in lungo e paillettes argentate (la maggior parte delle invitate è in abito lungo, come esplicitamente richiesto sull’invito) e fa: «Piccolo uomo è arrivato?». Che perfida. «Piccolo uomo»: Luciano Spalletti. «Piccolo uomo»: come l’ha definito, in un’intervista alla Gazzetta, Ilary (comunque, no: Spalletti non è ancora arrivato).
Intanto: tutti in coda.
Sei una leggenda, capitano.
Ti voglio bene, capitano.
Amici d’infanzia e amici nuovi (Max Biaggi, Frankie Hi Energy), compagni di squadra attuali (El Shaarawy, Szczesny, Mario Rui, Strootman) e di ieri (tra un po’ arriverà Marco Borriello, ecco Simone Perrotta con Marco Cassetti), e poi molti amici e amiche di Ilary (Teo Mammuccari e facce di autori del Grande Fratello). Lui si volta e ringrazia e quarant’anni non li dimostra nemmeno adesso, con il papillon e in abito blu tagliato perfettamente (peccato solo i risvolti dei polsi laminati): un fisico pazzesco per una carriera da fuoriclasse ormai dentro un tramonto magnifico, interminabile e innaturale.
Oltre duecento invitati pronti a ballare — «Aho’, hai saputo? Forse c’è pure Carlo Verdone!», «Io so che mo’ arrivano Baglioni e Fiorello» — rapida e già conclusa la cena a base di pesce (il capitano ne è goloso) riservata ai ventisei parenti stretti (commossa mamma Fiorella, allegro papà Enzo detto «lo sceriffo», ironico Riccardo, il fratello procuratore: «Ma siete sicuri che Francesco debba smettere?»); Vito Scala, preparatore atletico — consigliere- amico, in un angolo a godersi lo spettacolo: ché se Totti è arrivato fin qui, lo deve anche a lui, a Scala, che a Trigoria e in ogni albergo del mondo gli ha contato e gli conta severo i famosi nove tristissimi rigatoni burro e parmigiano nel piatto.
Musica a palla. Dietro la consolle: Claudio Coccoluto.
Ilary scatenata. E anche il capitano. Piccola bolgia. In un angolo, un barman distribuisce cocktail parecchio alcolici (Nainggolan con un bicchierone: non si capisce se di acqua minerale o vodka-tonic). Laggiù, il buffet. E, lì in fondo, la scalinata che porta su, in un corridoio lungo tra camere affrescate e camini sempre accesi, dove nell’estate di cinque anni fa saliva Silvio Berlusconi (mentre Emilio Fede al telefono annunciava il suo arrivo in compagnia di due ragazze e la deputata Maria Rosaria Rossi, sconsolata, rispondeva: «Che palle che sei… Due amiche, quindi bunga bunga, due de mattina… Io ve saluto, eh?»).
Il castello, francamente strepitoso, fu costruito nel 1400 intorno ad una torre d’avvistamento di tre secoli prima: lo sguardo scorre sui boschi e sulle lucine rosse del traffico di via Flaminia, oltre il maneggio. Totti e Ilary organizzarono qui anche il ricevimento del loro matrimonio, undici anni fa (lei incinta del primo figlio, Cristian, senza h: e lui con i capelli sulle spalle, rischiosamente coatti).
Una favola, scrissero. Forse, può darsi, se ancora c’è qualcuno che crede alle favole. Certo quei due che adesso ballano e si divertono — Coccoluto immenso — hanno tenuto benissimo agli urti di una vita mediatica spaventosa e alla fragilità di un amore sbocciato molto presto.
«E hanno resistito pure a “piccolo uomo”…»: la perfida signora in lungo di prima. «Ho saputo dei regali che porterà». Non si può dire che i regali di Spalletti non siano stati pensati. Per Francesco: la riproduzione della DeLorean, la macchina del tempo del film «Ritorno al futuro». Per Ilary: il cd della canzone di Mia Martini, «Piccolo uomo» (se qualcuno pensa che Ilary, apresa la notizia, possa essersi sentita in impaccio, sbaglia: lei l’impaccio se lo mangia).
Coccoluto urla: «Siete stanchiiiii?».
I calciatori della Roma, proprio no. Stupisce anzi la determinazione, la resistenza, l’entusiasmo con il quale si esibiscono in pista (Manolas, Iturbe, Paredes, Perotti, Florenzi) e così è inevitabile ripensare alla partita di domenica scorsa a Torino, persa contro il Toro, quando la maggior parte di loro ha sfoggiato gambe flaccide e rassegnata impotenza. Chiacchiere sparse. Malagò: «Non è elegante dire che regalo ho fatto a Totti». Sul cartoncino d’invito l’indicazione della fondazione cui devolvere soldi in beneficienza. Una hostess: «Ma che fisico ha Borriello?». La sua amica: «Naaa… Troppo tatuato».
Arriva Daniele De Rossi con Sarah Felberbaum. E arriva anche Luciano Spalletti. Vestito di nero. Con una faccia nera. Su una Fiat Panda nera.