Anna Tatangelo ha cantato prima della Partita mundial: un’esibizione per avviare il motore della serata, quindi l’inno nazionale interpretato da Roberta Orrù. Ma prima che cominciasse la gara è stato Gabriel Batistuta a essere investito, per fascino naturale, del ruolo di frontman. Era lì che girava a bordo campo e gli altri giocatori lo fermavano per scattare foto insieme. Si è riscaldato poco e niente. Però sta benino, corricchia e ha mantenuto la capacità di piazzarsi in area là dove fa più male. La memoria potrebbe essere migliore, peraltro. Quindici anni orsono c’era stata la sua ultima apparizione all’olimpico, Roma-Chievo 0-1. Ha in maniera comprensibile rimosso. «L’ultima partita in giallorosso che ricordo è quella con il Parma». Lui segnò, con Totti e Montella, e quel 17 giugno divenne il giorno del terzo scudetto.
«Effettivamente tornare è un’emozione. Ritrovare la gente, il grido che ti sostiene. spero che quanto abbiamo fatto questa sera sia utile. La causa è importante». Batistuta non ha voglia di diventare allenatore. «Si soffre troppo, preferisco lasciarlo fare ad altri». E’ stato cardine di due squadre, la Fiorentina e quella giallorossa, ma visto che è di passaggio all’Olimpico è sulla seconda che si dilunga. «Mi piace il gioco di Di Francesco e mi piace Dzeko, un attaccante forte. Però che piaccia a me conta poco, sono i tifosi che decretano il successo di un giocatore. Io penso che trovare il Barcellona in Champions league sia gratificante. e non credo che la Roma parta battuta. La Roma può giocare contro chiunque».