Per aspera ad Astra. Oddio, proprio aspera no, perché difficoltà non è concetto che si può associare con leggerezza ai romeni del Giurgiu. Se vogliamo, le aspera sono quelle della Roma, che si è appoggiata una volta ancora sulle spalle di Francesco Totti, anni 40, pure in mezzo a una settimana che pare un romanzo. Il gol numero 100 per Luciano Spalletti non è arrivato. Ma in fondo è stato più dolce così, meno artefatto, tutto molto più reale. Totti è il primo giocatore per cui uno stadio, a un certo punto di un secondo tempo inumidito come le giocate di Iturbe, decide di intonare «Tanti auguri a te, tanti auguri capitano, tanti auguri a te». Come a una festa di bambini, come con un fratellino che vorresti avesse 10 anni e invece sono 30 di più.
PURE A PAROLE – Ma quel 40 in fondo è solo un numero, no? Lo trovi nei documenti, su un campo di calcio se ti chiami Francesco conta il giusto. L’Olimpico come fosse il castello di Tor Crescenza, la festa si è allungata di 48 ore: il pallone che ha consentito a Strootman di tornare a segnare all’Olimpico dopo oltre due anni e mezzo, la traversa che ancora trema sull’azione del 2-0, la delizia servita a Salah per il 4-0. Quattro a zero, che messi vicino fa 40: forse è un segno del destino pure il risultato di questa partita. «Scherzavo con il fisioterapista a fine primo tempo – ha raccontato Totti a fine primo tempo –, glielo dicevo: neppure a 25 anni stavo così. Eh sì, novanta minuti li tengo bene». Elegante come di fronte alla torta di compleanno, scatenato come se Ilary fosse (pure) il deejay di Europa League. «Siamo contenti della prestazione, siamo un grande gruppo e abbiamo dato una buona risposta – ancora il capitano –. Risultato e bel gioco: abbiamo fatto vedere tutte e due le cose, lo voleva la gente e pure il mister».
MACCHINA DEL TEMPO – Quel mister che martedì gli ha regalato la macchina del tempo. E la DeLorean ieri sera andava che era una bellezza, perché il tacco per Salah del primo tempo è qualcosa di completamente slegato da una carta d’identità: o ce l’hai, o no, gli anni non entrano nel discorso. Ma statene certi: a Spalletti, piuttosto che le giocate, saranno piaciute molto di più le parole del post partita. Il riferimento continuo, voluto e costante alla squadra, alla prestazione del gruppo, alla risposta dopo il momento negativo. I comportamenti giusti, direbbe il vecchio Spalletti. La dimostrazione di essere il capitano anche con le parole e i fatti, non solo con i gol e i colpi di tacco: 48 ore dopo la festa, 72 dopo l’uragano Ilary, Totti ha strappato gli applausi dalle mani di Spalletti. E ha rischiato di mandare in gol pure Iturbe. E lì sì, davvero, sarebbe stato per aspera ad astra.