Di quanto fosse forte se n’era reso conto subito anche Spalletti. Solo che la frittata oramai era fatta, l’ex tecnico giallorosso aveva ottenuto la conferma del prestito di Szczesny. Così l’esplosione di Alisson è rimasta congelata per una stagione ma forse è servito anche questo, lo ha fortificato nel carattere. «Non è stato facile giocare una sola volta ogni tre settimane, aspettando le coppe. Ho atteso il mio momento e mi sono preso la maglia numero uno. E ora non la lascerò più», ha detto il portiere della Roma. Anche fosse, nessuno gliela chiederebbe. Un po’ per pudore, un po’ per imbarazzo. Perché quello che ha fatto vedere in questi 8 mesi da titolare è qualcosa di speciale. Così tanto che su di lui sono finiti gli occhi di alcuni top club come Real, Psg e Liverpool.
DONNE & FAMIGLIA – La Roma lo valuta circa 80 milioni, ma per ora se lo tiene stretto. «Vogliamo che resti qui», ha detto giorni fa il d.s. Monchi. È per questo che presto gli offrirà il rinnovo, raddoppiando di fatto l’ingaggio (oggi un milione e mezzo). Anche se poi Alisson è uno che ha bisogno di poco per vivere bene: «Sono uno tranquillo, mi basta la mia famiglia. A Roma il cibo è buono, la città mi piace, soprattutto il centro ed il Colosseo. Qui è nata mia figlia Helena, qui sto bene». Già, circondato da donne del resto. Ma non nel senso di assedio delle mariachuteiras (le brasiliane a caccia di giocatori), ma di famiglia, appunto. Perché a casa Alisson è tutto per la piccola Helena (un anno il 29 aprile), per la sua Natalia (sposata nel 2015, «il matrimonio ha cambiato tutto») e per la piccola Shakira, la cagnolina shitsu che adora. Per il resto non c’è spazio, nonostante una bellezza che avrebbe fatto breccia anche nel mondo della moda (e Mariana Nogueira nel 2015 ci provò, con uno shooting fotografico girato a Rio con lui e il fratello Muriel).
IL PERCORSO – Che Alisson fosse un predestinato lo si era capito presto, fin da quando nel 2013 esordì all’Internacional sostituendo il fratello Muriel. «Ci vogliamo bene, è una grande persona e un buon portiere. Di certo il mio miglior amico», dice del fratello, nonostante lo abbia messo subito in panchina, lui come pure Dida. Già, perché anche l’ex portiere del Milan si è dovuto arrendere, preferendo ritirarsi. Con lui Alisson ha un ottimo rapporto, anche se l’idolo è sempre stato Taffarel. «Uno che ha cambiato il nostro ruolo. Il Brasile ha sempre avuto portiere bravissimi, ora che il mio sogno è diventato realtà mi devo confermare all’altezza. Con la nazionale voglio vincere, anche se so che il Mondiale sarà difficile». Lui ne sarà protagonista. Prima, però, c’è la Roma: «Di Francesco ci ha cambiato l’atteggiamento, ora siamo più cattivi e aggressivi. La squadra difende bene, a cominciare dalle punte. Con Dzeko ho una sfida personale in allenamento, deve farmi gol. Kolarov? Leader naturale, come De Rossi è un gran capitano. Quando parla è autoritario, sa ciò che dice. La fascia di capitano è in buone mani».
LA PROMESSA – Martedì Alisson guiderà il Brasile alla rivincita del 2014 contro la Germania, a Berlino. Sempre con la Bibbia accanto («Dio mi aiuta a vedere il lato positivo delle cose»). E pazienza se per un po’ dovrà rinunciare alle sue passioni (pesca e churrasco), per quelle ci sarà tempo una volta tornato a Roma. «In Italia ho imparato a giocare con i piedi. Poi qui si lavora più sulla tecnica, in Brasile sull’esplosività. Ho giocato negli stessi club di Falcao, uno dei più forti di sempre in Brasile. Ora vorrei vincere un titolo qui, come fece lui». Dolci parole per i tifosi della Roma. Considerando la classifica, sembra un impegno con il valore della promessa. Quella di restare ancora a Roma.