Gli hanno chiesto di lui, degli altri, della stagione e della vita, perfino di Aquilani, come se volessero distrarlo. Una finta Kansas City letale. Poi gli hanno messo di fronte la realtà, a tradimento. Di Francesco, ci stiamo avvicinando alla Champions League. E lui, forse colto di sorpresa ma probabilmente anche no, ha risposto non la prima cosa che gli è venuta in mente bensì quello che ha in mente da un bel po’. «La paura non aiuta». Ecco, l’evidenza smarrita di cui parlava Pasolini, l’ovvio al quale non si sfugge. Il Barcellona si affronta senza temerlo. Con attenzione e rispetto, ma senza paura. Se si può. Se è umano.
STRADE – A Roma Tv conoscono bene Eusebio Di Francesco e hanno il vantaggio di tenerlo lì a portata di mano. Così lo hanno strizzato per bene, mostrandogli documenti filmati che lui ha dovuto decifrare e spiegare. Come gioca la Roma? Spesso come vuole lui, talvolta no. «Per esempio a Kharkiv con lo Shakhtar. Corti, densi e pronti a recuperare palla nel primo tempo, nulla di tutto questo nel secondo». Quando sei arrivato tra i primi otto allenatori d’Europa non hai vie d’uscita e neppure strade da cui arrivino rinforzi. «Sei tu e gli altri. Ed è una sensazione gratificante. Ti senti felice per te e io anche per la Roma e per i ragazzi. Qualche volta penso a quello che ci siamo lasciati dietro in campionato. Avremmo potuto fare tanto di più. Adesso però non stiamo a guardare chi ci insegue e non ci accontentiamo: è la prima cosa che tento di insegnare». A parte Allegri, gli fanno notare, c’è lui e c’è Vincenzo Montella. «Che è un mio grande amico, vecchio compagno di spogliatoio. Ma se devo scegliere uno tra quelli dei quarti di Champions League scelgo Pep Guardiola. Mi piace come lavora con le sue squadre. Al Manchester City gli hanno dato tempo di lavorare e sbagliare, senza spazientirsi all’inizio quando i giocatori faticavano a capirlo. Guardiola non vuole dare riferimenti agli avversari. Il suo calcio è fatto di tempi e di spazi».
ZEMAN – Anche quello di Eusebio. «Io non sto fermo alla lavagna. La preparazione delle partite si fa soprattutto sul campo, è dinamica. Ho giocatori capaci di adattarsi. Nainggolan sta dovunque e mi permette di cambiare modulo, Alisson ha migliorato il gioco con i piedi, lo faccio allenare anche davanti e a parte le parate diventa fondamentale quando vuoi essere aggressivo, Ünder mi ricorda Montella per come si libera al tiro e la velocità di esecuzione, Schick deve imparare ad attaccare la porta ma ha un talento che non si discute e può giocare tranquillamente anche nel 4-3-3». Ma sì, è interessante scoprire che cosa Di Francesco pensa di qualche collega: «Spalletti è sempre stato un grande estimatore di Zeman ed è bravo a far girare gli attaccanti, Simone Inzaghi nella gestione del gruppo è più maturo di quanto direbbe la sua età, Gattuso ha miscelato cuore, senso di appartenenza e sapienza tattica». Alla fine però è il Barcellona che ronza intorno alla coscienza, anche se non lo si nomina. «Il confronto con il Chelsea ha cambiato la mentalità della Roma. Non tutte le squadre ti permettono di palleggiare. Aspettare gli avversari è lecito, dobbiamo essere in grado di cambiare atteggiamento quando serve. L’importante è che la squadar resti sempre corta». Sembra la ricetta di una partita che andrà in tavola di qui a poche ore.