Davanti al giudice Luigi Sartor ha fatto scena muta. Si è avvalso della facoltà di non rispondere, lui che per primo risposte forse non ne ha. Com’è potuto precipitare, ancora una volta, in un’aula di tribunale dai campi elisi del dio pallone? Passare dal tappeto del Tardini all’erba che non si fa calpestare, ma ti calpesta il cervello; ritrovarsi da calciatore strapagato a presunto coltivatore di marijuana (e non proprio di un paio di virgulti)… Chissà quante volte se lo starà chiedendo l’ex gialloblù dei tramontati tempi d’oro, nel chiuso degli arresti domiciliari, in una casa che tra l’altro nemmeno è sua, ma nella quale gli viene offerta gentile ospitalità da un amico. Il calcio sarà imprevedibile fino all’ultimo secondo, ma la vita lo batte alla grande.
Più cuore che testa, più corsa che tecnica, a volte esagerato, ma mai con l’istinto del killer, Sartor di maglie di pregio ne ha indossate tante. Trevigiano di nascita, ternano di crescita, per portarlo 17enne a Torino, la Juventus sborsò un miliardo di lire. La cifra più alta mai pagata per un minorenne. Difficile partenza migliore. Difficile debutto peggiore sul campo: in campionato Sartor in bianconero esordì con un autogol contro la Fiorentina. I cultori della cabala potrebbero leggerci un presagio. E sbaglierebbero, perché il roccioso terzino le sue soddisfazioni se l’è prese eccome, lui che vinse la Uefa con Juve e Inter, gli Europei con la Nazionale under 21 e con il Parma chiuse il millennio con il filotto di Coppa Uefa, Coppa Italia e Supercoppa italiana. Impegnato sul campo, a volte fin troppo, complice anche una fisicità non sempre facile da domare. In allenamento zelante. Fuori sapeva essere un simpatico guascone. Sessantotto le sue presenze in gialloblù, tra il ’98 e il 2002. Forse chi gli fece firmare un quinquennale da 1,2 miliardi (netti) a stagione per averlo a Parma si sarebbe atteso di più. Ma lui, almeno sul fronte pecunia, poteva anche dirsi soddisfatto.
Ora, 11 anni dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, è stato arrestato con un presunto complice, Marco Mantovani, 46enne come l’ex calciatore, per coltivazione di marijuana in un casolare sperduto a Lesignano Palmia. Edificio di fatto disabitato, ma per il quale era stato chiesto il raddoppio della fornitura di energia elettrica dai normali tre chilowatt ora a sei. Serviva, per alimentare le lampade a led azionate da congegni a tempo, necessarie per far crescere la coltivazione al riparo da sguardi indiscreti. Ma le piante devono anche respirare. E così, dalle prese d’aria aperte nei pannelli di cartongesso eretti lungo il porticato-serra luci di diverso colore filtravano alle ore più strane. Nella casa deserta: una stranezza sulla quale il Nucleo operativo della Guardia di finanza di Parma, in collaborazione con la Tenenza di Fornovo, ha voluto indagare. Non solo le luci fantasma: puzzava, quel casolare disabitato, nel senso letterale del termine. Bastava avvicinarsi per fiutare odore di marijuana dal suo interno. Così, le Fiamme gialle hanno piazzato telecamere nascoste, per registrare i movimenti attorno all’edificio. Sartor e Mantovani sono stati ripresi in più occasioni. Una decina di giorni fa, sono anche stati pedinati dai finanzieri. E chi li ha fermati simulando un banale controllo avrebbe sentito odore di marijuana provenire dall’abitacolo.
Venerdì alle 13, i militari hanno finalmente varcato la soglia del casolare, mentre i due sospettati erano presenti. I finanzieri si sono trovati di fronte a una serra con 106 piante di varia taglia, con lampade, ventilatori, confezioni di fertilizzante. La coltivazione, già in fase di fioritura e pronta per l’essiccazione, era pronta a fornire due chili di marijuana. I due presunti coltivatori sono stati arrestati. Nella direttissima, il giudice Beatrice Purita ha accolto le richieste del pm Lino Vicini, disponendo l’obbligo di firma per Mantovani e gli arresti domiciliari per Sartor. Lui , in aula, si è limitato a dirsi dispiaciuto di ritrovarsi lì. Ma come c’è finito dev’essere difficile anche per lui capirlo.
FONTE: La Gazzetta di Parma