Lo specchio migliore dello stato di salute del calcio italiano è forse il modo in cui i suoi tribunali amministrano la giustizia. Ricordate gli adesivi con l’immagine di Anne Frank che hanno offeso l’Europa, applicati da tifosi laziali nella curva rivale? Ieri il Tribunale della Federcalcio presieduto dal giudice Mastrocola ha punito quella vergogna internazionale con un buffetto. Cinquantamila euro di multa alla Lazio di Lotito, respingendo la richiesta di 2 turni a porte chiuse della Procura. E cancellando il concetto di responsabilità oggettiva, con una manovra curiosa: applicare un’attenuante prevista espressamente dal codice per i soli episodi di violenza, anche alla discriminazione razziale. La Lazio, per il giudice, ha meritato questo trattamento speciale, avendo seguito tutte le prescrizioni previste per evitare che episodi simili si verificassero. Dimentica però il Tribunale che quegli adesivi sono stati attaccati in curva sud perché proprio la Lazio aveva invitato i tifosi della curva squalificata a entrare – al prezzo di 1 euro – nell’altra. L’effetto della sentenza è che qualunque striscione razzista costerà una misera pena pecuniaria, senza sanzioni alla tifoseria: altro che deterrente. Ma il giudice Mastrocola era anche uno dei saggi nominati dalla Federcalcio di Tavecchio e Lotito per valutare l’assegnazione proprio alla Lazio dello scudetto del 1915: ovviamente il parere, mai ratificato in consiglio federale, fu favorevole. Poche settimane dopo, lui e gli altri saggi trovarono nuove occupazioni negli organi giudicanti della stessa Figc.
Lotito, protagonista nei tribunali Federali dove di battaglie ne ha perse pochine, nell’ultimo anno e mezzo, è in prima fila pure a Milano, negli uffici della Lega. Divisa nei pensieri tra l’asta dei diritti televisivi – ballano una quarantina di milioni all’anno tra le aspettative dei club e le offerte e la nomina di una nuova governance. Il piano nemmeno troppo segreto del Coni è arrivare al commissariamento della Figc e le mosse per farlo passano proprio attraverso l’instabilità della Serie A: «Avete un mese di tempo per nominare i vertici» , ha scritto ai presidenti Malagò, creando i presupposti per mettere le mani sulla Federcalcio. Indispensabile allo scopo è che oggi la Serie A non elegga i propri vertici: il piano Cairo-Lotito per costituire una governance con lo spagnolo Tebas amministratore delegato, il generale Del Sette presidente, Cairo vicepresidente e Lotito nel consiglio federale, non è ancora maturo: mancano i numeri per farlo passare, 10 squadre sono favorevoli, due potrebbero diventarlo, ma di voti ne servono 14. Più facile approvare l’adeguamento dello Statuto ai principi prescritti dalla Figc.
Senza un accordo, pure l’elezione del presidente Federale ( a cui non saranno presenti rappresentanti del Coni) fissata per lunedì potrebbe scontrarsi con la voglia del n.1 del Coni di affidare le sorti del calcio italiano a un commissario – magari il segretario generale Fabbricini. Perché senza i delegati della Serie A, un consiglio neo eletto si troverebbe nella condizione di non avere una maggioranza qualificata. I tre candidati alla presidenza della Federcalcio ne riparleranno sabato con Malagò, ma già oggi due di loro Tommasi e Gravina, si vedranno per cercare di trovare un’intesa. Ulivieri, orientato a lasciare in minoranza i calciatori se dovessero scegliere di correre da soli, può essere il traghettatore dell’intesa elettorale. A patto di mettersi d’accordo su chi dovrà fare il presidente.