Francesco Totti ha rilasciato alcune dichiarazione in occasioni delle celebrazioni per i 20 anni di Sky Sport. Di seguito, una breve anticipazione delle parole della bandiera giallorossa.
Tanti anni contro Del Piero ma sempre con la massima stima… “Abbiamo passato diversi anni da avversari ma con il massimo rispetto e con amicizia. Il 2006 ci accomuna, è l’unica volta dove siamo riusciti a giocare veramente insieme”.
Come sono stati gli esordi? “Per noi era tutta una novità, sapevamo che di fronte a noi c’era un mondo diverso, cioè il nostro sogno di diventare giocatori e ci siamo riusciti”.
Quanto ti ha stimolato il paragone con Del Piero? “Ero contento di quello che faceva Alex, ma io ero contento per quello che facevo io. Pensavamo a fare il nostro meglio per la Roma e la Juventus. Ci siamo sempre portati rispetto, un rispetto vero tra due persone fuori dal campo”.
C’è il rimpianto di aver giocato poco insieme a Del Piero? “Sì”.
Hai visto l’addio di Del Piero? “Purtroppo stavo giocando, l’ho rivisto dopo. Non è facile trovare le parole per descrivere quello che stai passando, però potevo immaginare cosa potesse pensare dentro sé stesso”.
Nel giorno del tuo addio, hai detto davanti al tuo pubblico di aver bisogno della tua gente. Un gesto umano e profondamente vero… “Non sei mai pronto per quella giornata. C’è un inizio e una fine. Certo, rivedendo certe immagini mi fa venire voglia di rimettere gli scarpini e tornare in campo. Vedere le facce della gente, dei bambini, delle persone grandi… ho passato 20 anni con loro, è stato come vederli crescere. I tifosi sono stati la parte più importante di tutto, loro ci spingevano, mi aiutavano, mi sostenevano, mi facevano sentire un po’ diverso da tutti gli altri. Ho avuto loro come forza, come spinta”.
Hai superato le tensioni di quel periodo? “Sì le ho metabolizzate. Ho voltato pagina, in quel momento istintivamente avresti voluto fare una cosa, poi ora un’altra. Sono cose che ti porta il percorso della vita, sono cose che capisci quando è finito tutto quanto”.
Hai pagato la tua popolarità? “Penso di aver fatto il mio e la gente mi ha fatto sentire diverso dagli altri, è stata una scelta loro. Chiaro che la squadra e la società mi abbiano aiutato a essere il giocatore che sono stato. Quando sono diventato dirigente (Totti specifica tra virgolette) ho capito di essere ingombrante, non avevo la possibilità di esternare il mio parere, la mia situazione ideale. Il problema è che dentro ad alcuni club ci deve essere chi capisce di calcio, con tutto il rispetto non devono esserci avvocati o commercialisti. Se io fossi la Juventus, un ragazzo come Del Piero è doveroso che sia dentro la società, proprio per quello che ha fatto, per la capacità calcistica che ha, stiamo parlando di uno che ha fatto la storia del calcio. Sa come gestire la situazione, come scegliere i giocatori. Questo mi domando, perché gente come Maldini e Del Piero è fuori?”.
Hai scelto di lasciare la Roma dopo due anni da dirigente. “Non è stato semplice, ma erano mesi e mesi di fare questo passo. Non avevo credibilità, non mi sentivo parte del progetto. Facevo Romolo come si dice a Roma, stavo lì perché ero Totti. Per come sono fatto, voglio poter provare un po’ di pepe, pensavo che potessi essere una risorsa in più per la società. Forse non ero pronto, forse non mi facevano stare al centro del tavolo nei momenti cruciali, però quando c’era un problema ero sempre pronto a intervenire. Per come sono fatto io, con la massima trasparenza ed educazione ho preso questa decisione. Avrei preferito morire che fare quella conferenza stampa, non avrei mai pensato di lasciare la Roma di mia iniziativa, era la mia famiglia”.
Qual è stata la Nazionale più forte con cui hai giocato con Del Piero? “A parte quella del 2006, direi quella del 2000. Avevamo vinto l’Europeo, era praticamente fatta”.
Il Mondiale del 2006? “Ci siamo uniti giorno dopo giorno, sapevamo di essere una squadra forte. È stato un mese di rispetto, di calore, un’unione forte che si respirava proprio. È stato bravo Lippi a mettere insieme un gruppo con così tanti campioni. Non pensavo di poter partecipare alla spedizione a causa del grave infortunio, però Lippi mi ha detto che mi avrebbe aspettato fino alla fine. Da lì mi è scattata una molla interna per recuperare e per giocare il Mondiale”.
Quando avete capito di essere invincibili con quella Nazionale? “Dopo la finale (ride, ndr). Penso partita dopo partita, i risultati arrivavano e aumentava la consapevolezza”.
Avete litigato per la scelta del 10? “Mai, sotto questo punto di vista c’è stato sempre il massimo rispetto”.
Il rigore con l’Australia? “Per me sarebbe stato il mio primo gol dopo l’infortunio, ho fatto quel tragitto di 60 metri e pensavo a come poterlo tirare, se fare lo scavino, il cucchiaio, il portiere era enorme. Avevo un po’ di tensione, però ero sicuro di poter segnare perché se avessi sbagliato mi avrebbe ucciso (ride, ndr)”.
Ti sei abituato all’emozione del Mondiale? “No, non ti ci abitui mai. Per tanti altri non è facile da raggiungere questo sogno, ma se lo raggiungi ne capisci la grandezza”.
Cosa vuol dire essere capitano? “Tanto, devi essere diverso da tutti gli altri. Devi aiutare i ragazzi, il mister, la società, devi essere sempre presente nei momenti difficili. È una responsabilità diversa da tutti gli altri, devi gestire l’ambiente e devi saper portare la fascia e non è facile”.
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FONTE: Instagram Sky Sport