Come stai vivendo questo momento di isolamento?
“Io sto bene, prima di tutto grazie per l’invito e un saluto a chi ci segue da casa. E’ un momento diverso, anche difficile, come si può immaginare stare un mese e mezzo in isolamento sociale è molto complicato. Ho cercato di mantenere la mia routine, che è molto importante per la vita quotidiana. Ho anche cercato supporto dalla mia famiglia, i miei amici e i miei colleghi, quindi i miei giorni stanno passando”.
E’ un problema stare lontano dalla famiglia? “Lo è, ti spiego perché. Avere i familiari lontani significa non poter dare loro il supporto di cui hanno bisogno e di cui tu stesso hai bisogno, parliamo di una necessità di supporto reciproco. La mancata vicinanza genera ansia e un po′ di stress. Io in particolare ho un padre che fa il medico, sapere che passa tutti i giorni in ospedale, senza poter stare in isolamento causa naturalmente un po’ di stress”.
In questo momento la Roma ha cercato di dare un contributo concreto per i più bisognosi. Fonseca ha detto che “siamo più di una squadra di calcio”, che ne pensi? “E’ la verità, concordo pienamente con Fonseca. Penso che la Roma abbia compreso molto bene di non essere solo un club di calcio, dando attenzione agli aspetti sociali presenti in questa situazione, mostrandosi molto proattiva in tutto ciò che ha a che fare con l’aspetto sociale”.
Quando hai deciso di intraprendere la carriera da preparatore atletico? “Questa è una bella domanda. Mi ricordo soltanto che fin da piccolo io ho scelto un’unica professione. Mi ha sempre appassionato l’esercizio fisico. Fin da quando avevo 11 anni, sapevo di voler diventare professore di educazione fisica. Inizialmente il sogno era questo. Con il passare del tempo ho iniziato a mescolare la parte fisica e calcistica”.
Com’è il tuo rapporto con Fonseca? Come vi siete conosciuti? “Ho conosciuto Fonseca nel 2015, durante un’esperienza allo Sporting Clube de Braga. Era il mio primo anno, facevo parte di un team dedicato all’ottimizzazione della performance. Fonseca poi è andato in Ucraina, mentre io ho continuato a lavorare al Braga. Dopo due anni il mister mi ha chiamato per propormi di andare a lavorare con lui e siamo qua oggi. Naturalmente col passare del tempo è diventato anche un rapporto personale ma credo che la parte più importante di questa relazione sia quella professionale. Il rispetto e la fiducia sono reciproci e le cose finora sono andate bene”.
Dopo l’episodio contro il Cagliari ti sei scusato per la reazione che hai avuto nei confronti dell’arbitro. Metti tutta questa passione anche nella vita quotidiana?
“E’ vero, è stato un episodio che ha segnato la mia esperienza qui in Italia, un episodio che fa parte della mia crescita, come persona e come professionista. Bisogna distinguere le due cose: una è il Nuno Romano che prova passione per ciò che fa e un’altra è il Nuno Romano che in certi momenti deve essere in grado di gestire le emozioni. Io sono un professionista e in quanto tale devo essere capace di fare questa distinzione. Io sono una persona con molta passione, porto questo lato in tutto ciò che faccio, ma come abbiamo detto bisogna essere capaci di gestire queste emozioni”.
Il problema che stiamo affrontando ha cambiato molte cose, anche nel mondo del calcio. In che modo questo cambiamento ha influenzato il tuo lavoro?
“E’ completamente cambiato, immagina passare dal lavorare con 30 atleti in campo o in palestra a dover improvvisamente trasportare questo lavoro dentro un appartamento. Questo cambia completamente il modo di lavorare. L’importante è essere capaci di reinventarsi in un momento del genere ed è fondamentale mettere i giocatori in condizione di fare un buon lavoro in casa. Penso che fino ad ora siamo riusciti a farlo con successo, i giocatori hanno un piano di allenamento quotidiano da svolgere, ma come detto in questo momento passa tutto dal sapersi reinventare. Quello che è più difficile è conservare la resistenza dei giocatori in questo momento. Allenarsi con una bicicletta, come molti dei giocatori stanno facendo ora, è completamente diverso da correre o dalle specificità di un allenamento sul campo, come tirare in porta, scattare, azioni ad alta intensità che adesso bisogna cercare di replicare in un appartamento o in una casa o su una bici, è totalmente diverso. Quindi probabilmente sono queste le qualità fisiche difficili da mantenere in un atleta, ovvero la capacità di resistere nel tempo svolgendo azioni ad alta intensità, definita anche endurance. Questo è l’aspetto più complicato da preservare”.
Cosa vorresti fare quando potremo uscire da casa? “Ciò che vorrei fare è poter stare insieme alle altre persone, confesso che questo distanziamento sociale è molto duro, quindi quando potremo uscire, ovviamente con tutte le precauzioni necessarie, mi piacerebbe passeggiare per il centro e godermi Roma che è una città fantastica. Ne approfitterò per fare un giro, mangiare un gelato e finalmente vedere delle persone, mi manca molto poterlo fare”.
Un saluto finale… “Un caro saluto a tutti i tifosi romanisti, spero di vedervi presto. Forza Roma!”.
FONTE: Roma TV