L’esperienza alla Roma?
“È stata una grandissima esperienza, a sublimazione della mia carriera. Il mio scopo era quello di fare l’amministratore delegato del Milan, non c’è stata l’occasione e per fortuna mi ha cercato la Roma. Al Milan non avrei mai potuto ricoprire quel ruolo con la presidenza Berlusconi, lì c’era Galliani. Lui mi ha fatto capire che nemmeno con i nuovi dirigenti al Milan avrei avuto uno spazio maggiore e quindi ho deciso di andare a Roma”.
A Roma c’è una pressione particolare? “Il modo in cui Roma vive le vicende della squadra è diverso da Milano. La squadra è quasi sempre stata gestita da romani tifosi ed è emersa questa incapacità di separare i ruoli. Allora tutta la Roma lavorava a Trigoria, dove si allenava la squadra e usciva sempre qualche storia che diventava di dominio pubblico. La pressione è sempre stata grandissima e io ho cercato di portare un pensiero che guardasse fuori dal raccordo anulare. Roma è una società storica, anche se non ha vinto quanto avrebbe potuto, e ho cercato di portare un pensiero diverso. Poi sono arrivato in una situazione particolare, con una socetà distante, nell’ultimo anno di Totti e Spalletti. La prima stagione è stata complessa, gestire l’addio di Totti, il suo ingresso in società, il cambio allenatore, le varie frizioni e l’arrivo di Monchi. La stagione 2017-2018 è stata giocata al massimo delle possibilità, con la semifinale di Champions e ottimi risultati economci. Abbiamo portato la Roma a essere influente e rilevante, poi però quando c’è un’azionista bisogna seguire i suoi dettami e quando non sei d’accordo devi andare via. Nei due anni a Roma comunque ho imparato tanto, anche dai miei errori e ne ho fatti. Forse mi sono fidato troppo delle persone che ho trovato, non ho fatto una mia squadra. Tutte considerazioni che sono facili da fare a posteriori”.
Sulla responsabilità delle emozioni delle persone… “Spesso si sottovaluta che quando si lavora in un club è diverso. Hai sempre a che fare con le persone, ma un conto è avere a che fare con impiegati e operai, un altro con giocatori e allenatori che sono sempre sotto pressione.La peculiarità del calcio è che hai la responsabilità delle emozioni delle persone. Una volta Virginia Raggi mi disse che lì al comune quando la Roma vinceva tutti lavoravano bene il lunedì, ma quando perdeva c’era uno scoramente generale e un incremento delle assenze. Una passione così non c’è da altre parti”.
FONTE: Colpo di testa Podcast