Si avvicina la sfida con la Roma, ma forse solo Monchi in tutta l’Andalusia sta dedicando più di qualche valutazione quotidiana alla doppia sfida di Europa League. Inutile nasconderlo, per lui non sarà una partita come un’altra. Roma gli è rimasta dentro e l’esito spiacevole della sua gestione, con colpe sin troppo rinfacciate e meriti mai troppo sottolineati, è una macchia che gli ha sporcato il curriculum.
Ma a Siviglia almeno oggi i pensieri di tutti sono concentrati sulla complicata sfida con l’Atletico Madrid al Wanda Metropolitano. Compreso quello di Monchi, ovviamente, che però aspetta con ansia anche il confronto con la Roma e con il suo recente passato. Il ds in questi giorni sta provando a respingere le numerosissime richieste d’intervista ricevute dall’Italia (sta pensando persino di fare una conferenza stampa per non scontentare nessuno, ma difficilmente ci saranno i tempi per organizzarla) anche perché fino ad oggi non ha praticamente quasi mai parlato dei diciotto mesi trascorsi a Trigoria.
Ieri però è stato pubblicato un filmato relativo ad un convegno sulle competenze relazionali (in inglese “Soft skills”) organizzato a novembre dall’Università di Siviglia in cui uno dei relatori era proprio il direttore sportivo che da queste parti è considerato poco meno di un “diòs”. E portando un esempio a proposito delle capacità di un leader di “arrivare all’anima delle persone con cui lavora”, Monchi ha fatto riferimento proprio alla sua esperienza romanista: «Quando ho accettato la proposta della Roma – ha detto ad una platea incuriosita di studenti – ho anche accettato di cambiare habitat, lasciando la famiglia qui, cambiare posto di lavoro, nazione, lingua eccetera. Eppure ci ho messo quattro mesi solo per capire in quale contesto fossi capitato. Tutti pensavano: “Vabbè, lui è Monchi, dicono che è bravissimo, in fondo ha solo cambiato ufficio”. In realtà per quattro mesi nessuno si è occupato di aiutarmi come persona. E non è stato facile». (…)
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FONTE: Il Romanista – D. Lo Monaco