A 26 anni dalla sua scomparsa, Giuseppe Gianni, Pietro Vierchowod e Odoacre Chierico ricordano che giorno triste quando “Ago” si tolse la vita con un colpo di pistola:
GIANNINI “Era un punto di riferimento per ognuno di noi, grandi e giovani. Agostino era un po’ chiuso, ma quando bisognava essere presenti c’era sempre. Era timido ed educato, e questo tipo di persone vengono spesso viste come deboli. Ma per me è il contrario. Can che abbaia non morde. Agostino parlava poco, non aveva bisogno di abbaiare”.
CHIERICO “Pensai che quella notizia fosse uno scherzo, ma poi mi resi conto della realtà. E rimasi sconcertato. Mi sembrò di essere stato investito. Uno dei giorni più tristi per tutto lo sport italiano. Il solo pensiero di perdere una persona del genere, in quella maniera, è qualcosa di irreale”. Dopo la partita persa contro il Liverpool in Coppa dei Campioni si è parlato di litigi, urla, soprattutto tra Ago e chi aveva sbagliato o non si era presentato dal dischetto: “Tutte cazzate. Nessuno ha detto niente a nessuno, nello spogliatoio non è volata una mosca. Tutti sapevamo quello che era successo, quali erano stati i nostri errori e i meriti del Liverpool. Un sogno svanito, certo. Ma in quel momento di silenzio e di pianto si sono rafforzati ancora di più i nostri rapporti. Nessuno ha mai provato a incolpare nessun’altro. Eravamo una banda di uomini incredibili, e c’erano anche mister Liedholm e il presidente Dino Viola che ci davano l’esempio e dettavano le regole. Hanno creato un gruppo fantastico. Lui era il capitano e ci rappresentava, ma in quella squadra non c’erano leader. O meglio, ce n’erano tanti. Ognuno lo era alla propria maniera, e tutti sapevano l’importanza degli altri. Quel giorno di 26 anni fa è come se lo vivessi oggi. Fui invaso da una sensazione che non riesco a descrivere, nemmeno ora che sono diventato più maturo. Agostino per noi era un esempio da imitare. E stava bene, aveva una sua identità e personalità. Era introverso, ma nello spogliatoio aveva i suoi spazi e il suo modo di interagire e scherzare. Nella mia testa Agostino era l’uomo più felice del mondo. Ma mi sbagliavo. E il rammarico più grande è quello di non aver mai saputo o capito niente, anche perché in quel periodo non lo frequentavamo. Sapevo solo che lui sarebbe stato felice di rientrare nella Roma. Non capisco perché non chiamò nemmeno un compagno. Magari anche davanti a un caffè avremmo potuto capire qualcosa”. Un’immagine ricorrente: “Mi viene in mente la sua foto, il suo modo di comportarsi, il suo atteggiamento. Poi penso a quello che è successo e non ci credo, è una realtà che non riesco ad accettare”. Come tutti. “È inspiegabile. Come poteva Agostino fare un gesto così violento nei suoi confronti?”
VIERCHOWOD “Si preoccupava di tutti, dai giocatori fino ai magazzinieri. Qualsiasi problema lo faceva presente alla società, tutto nell’interesse della Roma. Parlava poco ma con i compagni scherzava spesso, sempre con la sua classe. Arrivavo in prestito dalla Sampdoria, e da esterno Agostino mi sembrava una persona molto chiusa. Ma quando l’ho conosciuto era l’opposto. Disponibile, simpatico. Si faceva in quattro per aiutarti. Forse si mostrava chiuso quando voleva mettersi al riparo da alcune situazioni. Con lui bastava uno sguardo, quel poco che diceva ti faceva capire tutto. Forse un po’ lento, ma tutte le altre sue caratteristiche lo rendevano un campione. Falcao era un fenomeno, ma quella Roma era stata molto costruita su Di Bartolomei. Doveva essere il classico libero e stare dietro di me, ma giocavamo a zona e lui era posizionato davanti alla difesa. Fece un anno pazzesco, segnando anche 9 gol. Io gli davo la palla, lui alzava la testa, faceva un lancio di 50 metri e la metteva sul piede del compagno. In quella squadra e in quella posizione era l’ideale. Se in Nazionale non ha avuto successo è solo perché a Bearzot non piaceva per il proprio gioco. Era il classico calciatore che stava bene nel suo contesto”. Non solo calcistico. “Agostino non rappresentava solamente la squadra, ma l’intera città di Roma. E questo, unito alle sue vittorie, lo ha reso un simbolo per i tifosi”.
FONTE: gianlucadimarzio.com