“Eravamo un gruppo vero di persone mentalizzate, affamate, vincenti. Il più simpatico? Direi Francesco Totti, ma anche Candela e Delvecchio erano uno spasso. Passarci anche solo dieci minuti era una meraviglia. Siamo stati squadra dall’inizio alla fine, e nei momenti di difficoltà è contato tantissimo”.
Batistuta… “Tirava delle cannonate anche in allenamento. Spesso in una palla a metà io mi buttavo sui piedi, in attacco, e generalmente mi ritrovato con lui che si presentava davanti a me con una forza incredibile… anche Balbo a 35 anni faceva la differenza. Da romano, nato e cresciuto nel settore giovanile della Roma, è stata una stagione entusiasmante, mi viene la pelle d’oca ancora oggi, a vent’anni di distanza. Ma le emozioni forti le tengo per quando rivedrò i miei ex compagni. La differenza più grande? A quel tempo si viveva di più lo spogliatoio, era più semplice fare gruppo e restare compatti. Oggi il mondo è cambiato, i ragazzi vivono con gli occhi sugli smartphone, c’è meno condivisione nei momenti chiave del gruppo, è più complicato creare quel clima di unione e coesione. Da allenatore me ne sto accorgendo in prima persona, chi deve gestire un gruppo squadra oggi ha un problema in più da dover affrontare”.
Nello staff di Mourinho… “Il rapporto con il mister è sempre stato cordiale e diretto, fin dai tempi in cui allenava in A. Ci siamo sentiti quando la notizia è stata ufficializzata, gli ho dato il benvenuto a Roma e inviato il classico “in bocca al lupo”, sicuramente sarà una bella sfida. Per quanto riguarda me, mi è stato fatto notare che il mio nome veniva accostato alla Roma sui giornali. Era insieme a quello di altri ex giallorossi, tra le varie ipotesi per lo staff: ci sta, fa parte del gioco, se non fosse che – essendo romano e cresciuto nel vivaio giallorosso – sul mio telefono sono arrivati più di 1.000 messaggi tra amici, parenti, addetti ai lavori. Ma questo episodio non ha cambiato minimamente il lavoro impostato da settimane con il mio agente Umberto Riva, ovvero monitorare le varie opportunità e proseguire ad allenare in Italia, ma anche all’estero, perché no…”
…ma voglio fare l’allenatore… “Tre anni fa ho iniziato la carriera da allenatore, sono sempre rimasto focalizzato sul mio percorso di crescita, perché la strada è ancora lunga. Molti considerano la carriera da calciatore ad alti livelli un vantaggio, per me è semplicemente esperienza accumulata che torna utile quando cambi ruolo. Io credo fortemente nella formazione e nella gavetta: chi mi conosce sa che se fosse esistita la Serie Z avrei iniziato da quella. A questo punto del mio percorso, la Serie C può essere la dimensione giusta, ma la mia mente è aperta e valuterò con lucidità ogni proposta che riterremo interessante”.
FONTE: grandhotelcalciomercato.com