Una carriera quasi interamente dedicata alla Roma, sia da giocatore che da preparatore dei portieri. Cosa significa e cosa ha significato per te questo club?
“Tra calciatore e preparatore dei portieri ho passato trentuno anni alla Roma. Praticamente metà della mia vita. La Roma mi ha scoperto, mi ha fatto fare una carriera eccezionale. Sono stato anche fortunato: mi sono trovato al posto giusto nel momento giusto. La maglia della Roma per me è una seconda pelle”.
La segui la Roma? “Sì, la vivo da tifoso e mi piace molto Fonseca come persona e soprattutto come allenatore. La Roma è una squadra che gioca un bel calcio, divertente, piacevole da vedere. Sta facendo un campionato eccezionale, può andare in Champions. Peccato per l’uscita dalla Coppa Italia”.
Cosa ne pensi della nuova società? “Mi sembra gente che vuole fare le cose con serietà, in silenzio, con discrezione e questo è un aspetto molto positivo. Bisognerà dargli del tempo perché hanno trovato una situazione complicata”.
Si dice spesso che nella Roma attuale manchino delle figure che conoscano bene la Roma e la sua storia. Quanto conta per te avere in società gente così? “Sì, per me è importante avere gente così. Bisogna sempre ricordare che per avere un grande futuro bisogna sempre guardare indietro. Però per lavorare a Trigoria non basta aver giocato nella Roma: bisogna avere competenze e conoscenze”.
Facciamo un passo indietro: Vierchowod, Ago, Nela, Maldera: quanto era importante per un portiere essere protetto da una difesa così? “Una grande difesa e quattro grandi giocatori. L’anno dello Scudetto avevo Pietro Vierchowod che ne marcava tre a partita. Poi Ago, con la sua facilità di calcio che ci permetteva subito di portare tanta gente oltre la metà campo. Giocavamo quasi a tre dietro perché c’erano Sebino ed Aldo che erano delle vere e proprie ali: bravi ad attaccare ma anche a difendere. Una squadra eccezionale, con il pezzo forte che era il centrocampo”.
Parliamo proprio di un centrocampista: cosa portò Paulo Roberto Falcao in quella squadra? “Io ho un’adorazione per Paulo. Ha portato entusiasmo. Appena arrivò a Roma negli spogliatoi ci parlò subito di scudetto. Noi l’anno prima eravamo arrivati sesti. Ci portò consapevolezza. Sapeva fare tutto in campo, era un brasiliano atipico. Sembrava un calciatore europeo. E’ stato colui che, insieme a Liedholm e a Viola, ha contribuito a costruire quella Roma”.
Sei stato un grande portiere tra i migliori in Italia ma nell’82 ti furono preferiti Galli e Bordon come secondo e terzo. Ti dispiacque? “Guarda più dell’82, dove comunque a fare il terzo, mi è dispiaciuto quello che accadde nell’86. Nel periodo precedente al Mondiale giocai tante amichevoli (la nazionale campione in carica non faceva le qualificazioni) con l’Italia da titolare. Poi in Messico non giocai mai. Non so cosa sia successo. Purtroppo fu fatta una scelta che non ho mai capito”.
Nella tua carriera di preparatore hai scelto poi di seguire Fabio Capello da Roma a Torino. I tifosi della Roma non ti perdonarono questo passaggio… “Io ho capito l’amarezza dei tifosi in quel momento e la condivido pure. Ma siamo dei professionisti, è un lavoro. Lavoravo con Capello e lui mi prospettò di seguirlo. Poi sono tornato a Roma con Luis Enrique e tutto si sistemò”.
Hai collaborato con tanti allenatori. Te ne cito tre:
Carlo Mazzone… “Un mito, un romano vero. E’ stato spesso sottovalutato, tacciato come difensivista, invece le sue squadre provavano sempre a fare un calcio tecnico”.
Fabio Capello… “Con Fabio si è creato una bella amicizia. Ho lavorato quattordici anni, per me è stato il massimo. Mi ha insegnato tantissime cose. Eravamo in piena sintonia. Dovunque è andato, mi ha chiamato. E questo mi ha dato una grande soddisfazione, perché lui non ti regala nulla”.
Luis Enrique… “Un grande. Come uomo soprattutto. Persona fantastica, solare. Poi io amo gli spagnoli, ho tanti amici in Spagna. Purtroppo a Roma Luis non aveva il materiale per fare il calcio che voleva fare”.
C’è stata negli ultimi anni a Roma una figura molto contrastante e criticata: Franco Baldini… “Franco è un grande intenditore di calcio. Ha vinto lo scudetto a Roma con Capello. La squadra la costruirono insieme. Io credo che il meglio di sé Baldini l’ha dato quando ha lavorato al fianco di Capello. Un mix vincente”.
Qual è stato il miglior portiere che hai allenato? “Ne dico due. Gigi Buffon il più grande di tutti ed Iker Casillas. Mi piace parlare soprattutto di Iker. Bella scoperta per me. Ragazzo fantastico che ancora sento ogni tanto. Quando arrivai a Madrid mi dissero che non aveva molta voglia di allenarsi. Invece fu eccezionale, umile. Facemmo un anno fantastico. Lo disse anni dopo anche lui su un giornale italiano citandomi. Disse che aveva lavorato molto bene con me. C’è una cosa che mi piace sottolineare: i problemi non te li danno i Buffon o i Casillas, con loro non devi far danni, non serve un grande lavoro. La bravura di un preparatore è quella di riuscire a migliorare quelli così e così”.
E chi sei riuscito a migliorare? “Ivan Pelizzoli. Quando sono rientrato a Roma nel 2003, Pelizzoli era al limite della contestazione. Quell’anno lavorammo molto e lui si rilanciò. Fece anche qualche presenza in nazionale”.
Qual è il miglior portiere in circolazione? “Ho un debole per Alisson, mi piace tanto Szczesny e sta crescendo come continuità Gigi Donnarumma. Questo è sicuramente un bene per la nostra nazionale”.
C’è qualche giovane portiere che ti piace particolarmente? “Come potenzialità il migliore credo sia Alex Meret”.
Seguendo la Roma, pensi ci sia un “problema” portiere? “Sì, mi sembra evidente, Pau Lopez non mi sembra molto affidabile. Gli auguro di crescere, di migliorarsi, ma penso che la Roma dovrà acquistare sicuramente un portiere il prossimo anno”.
Si fanno tanti nomi per il numero 1 del futuro in casa giallorossa: Silvestri, Musso, Cragno. Chi preferisci dei 3… “Cragno è il mio preferito. Sta migliorando tanto anche nelle uscite, difetto che hanno tantissimi portieri attuali e non capisco il motivo. Escono poco”.
Cragno ti assomiglia un po’… “Vero, hai ragione. Un po’ mi somiglia”.
Cosa deve avere un portiere per giocare nella Roma? “Personalità soprattutto. Ti deve portare 12/13 punti a stagione. E poi aggiungo una cosa in generale: basta con questa storia che i portieri devono giocare bene soprattutto con i piedi. Poi magari sono bravi con i piedi e fanno altre cose in modo obbrobrioso. Mi capita spesso di vedere portieri che non sanno uscire, che non sanno camminare lateralmente, che non sanno fare l’uno contro uno, che non bloccano una palla. Quindi con i piedi bisogna saperci fare, ma un portiere deve saper parare”.
FONTE: plusnews.net – G. Falcao