A Roma hanno capito tardi che lavoro aveva svolto e che patrimonio avrebbe lasciato al club….
“Normali dinamiche della vita, i morti riscuotono sempre più successo dei vivi. Ma da morti si sta bene, non è come dicono”.
Che padre è stato? “Fisicamente assente, ma vicino con l’anima. Posso dire di avere un figlio speciale, ma lo è stato fin da bambino, con quella sua commovente passione per la Roma e per Dzeko, nonostante adesso io non ne faccia più parte. Ha sempre amato Edin, fin dai tempi del City, ricordo ancora i suoi occhi quando gli dissi che sarei partito per andare a trattarlo. “Santiago, papà deve andare via per un giorno, vado a comprare Dzeko “. “Dzeko alla Roma? Non è possibile“. “Non torno senza“. Gli feci questa confidenza, so che non tradirebbe mai la mia fiducia. Il giorno dopo i giornali aprirono con la notizia “La Roma pensa a Dzeko”, mi chiamò in lacrime giurandomi di non aver parlato con nessuno. Gli risposi di non preoccuparsi e che sapevo non appartenesse a lui alcuna responsabilità. Senza Santiago sarei probabilmente già morto, è la mia luce. La giustificazione della mia vita».
Antonio Conte vive la sconfitta al suo stesso modo, non oso immaginare che coppia potreste essere… “Beh, una coppia improbabile. Proprio con Conte ho discusso a Bologna perché lui nel dopo partita, commentando la sfida ai giornalisti, ha liquidato un nostro gol come un semplice autogol, che invece è stato un tiro di Palacio appena deviato, avvenuto dopo una serie di 10-12 passaggi. L’ha liquidato come autogol oscurando una cosa molto bella e la bellezza va valorizzata, non eclissata”.
Con Spalletti ha un altro rapporto… “Intanto perché ci ho lavorato, mentre con Conte la conoscenza è marginale, fatta salva la stima che ho di lui e di cui è a conoscenza. Con Spalletti c’è un altro rapporto perché abbiamo lavorato e sofferto insieme. Quando parliamo di Luciano, parliamo di un genio assoluto. Non vedevo l’ora che arrivasse furente nel mio ufficio, con quello sguardo sbarrato, per presentarmi questioni irrisolvibili”.
Si aspettava rimanesse tanto tempo ai margini? “È stata una sua scelta, di occasioni per tornare ne ha avute molte ma ha preferito staccare per un po’ da un mondo che consuma. Ci sono tanti esempi del passato, a volte bisogna prendere una boccata d’aria perché lo stress è alto. Lui è andato a fare il contadino, sta respirando aria buona”.
Qualche suo ex calciatore sostiene vedesse troppe ombre, temendosi al centro di discorsi diffamatori ogni qual volta si creava un gruppetto lontano da lui… “Non bisogna mai ascoltare i calciatori che parlano dell’allenatore dopo, così come non bisognerebbe ascoltare i discorsi degli impiegati che parlano del capufficio dopo la conclusione del rapporto. Spalletti è un provocatore, attinge alla sua genialità. I calciatori sono poco attendibili, ha ragione Márquez, La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla. E io conservo meravigliosi ricordi di Spalletti”.
Mi racconta la trattativa più esaltante? “Salah. Avevo intuito immediatamente che potesse essere quel tipo di calciatore capace di fare impazzire di gioia i tifosi della Roma”.
C’era anche l’Inter, ma Fassone si tirò indietro per non mettersi in mezzo al contenzioso tra Fiorentina e Chelsea… “Io mi tuffai dentro con tutta la grinta che avevo in corpo. Andai a Londra a trattare con Marina Granovskaia e mi ero portato avanti anche con il suo agente. Ho vissuto quella trattativa come un golpe, l’operazione sembrava impossibile e invece alla fine è arrivato alla Roma”.
FONTE: calciomercato.com