Hai iniziato giovanissimo e già a nove anni eri nel vivaio della Roma. Rispondi sinceramente: l’adolescente Lorenzo pensava che un giorno sarebbe arrivato in prima squadra?
“Ogni bambino inizia a giocare con la speranza di diventare un calciatore. Lorenzo bambino prima, adolescente poi, lo sperava. Adesso, tanti anni dopo, posso confermare che non sono poche le difficoltà che si incontrano, i sacrifici che si fanno. È un percorso molto lungo e difficile, nel quale bisogna avere anche un pizzico di fortuna. Importante, quando si va in campo, è mantenere sempre alta la passione e anche oggi, che il calcio per me rappresenta più che un lavoro, la vita, cerco sempre di mantenere una parte di divertimento, perché sono certo che mi aiuta a rendere al meglio”.
Durante la partita qual è il momento più importante? Quello dove il tempo conta di più? “Il momento più importante è dal settantacinquesimo in poi: sono in minuti decisivi, quelli dove un gol a favore oppure a sfavore può decidere le sorti dell’intero incontro, prendere tre punti oppure zero. Anche il rientro in campo, all’inizio del secondo tempo, è un momento determinante, perché si prova ad indirizzare la partita, a scandire il nostro gioco”.
Quando la sera torni a casa, che cosa fai? Rivivi la partita oppure stacchi del tutto? “Sono abituato a rivedere la partita anche più e più volte dopo averla giocata, perché voglio rendermi conto di quello che ho fatto: da dentro il campo le percezioni sono diverse rispetto alla partita in TV. La guardo prima tutta, poi una seconda volta concentrandomi sulle mie giocate. Certo, se abbiamo giocato alle 15 quando torno a casa ho tanta voglia di essere spensierato. Di passare del tempo in famiglia con i miei bambini. Poi, solo quando loro si addormentano, accendo il televisore e guardo l’incontro. Se invece giochiamo la sera, i bambini sono già a letto, io ne approfitto per rivedere tutto in tranquillità”.
FONTE: Handemade