Come stai in Italia?
«Sono molto grato all’Italia, è il primo paese che mi ha accolto dal Brasile quando avevo 20 anni. Ho vissuto a Milano per 4 anni e adesso ne so passati altri 4 e sto a Roma».
L’arrivo alla Roma? «Il primo allenatore a Roma è stato Spalletti e diceva al gruppo che avremmo potuto vincere anche tanti titoli e premi individuali, ma che poi ciò che conta davvero è chi siamo dentro. Non c’è niente di più importante che essere una bella persona, anche perché poi la gente si dimentica delle tue vittorie».
Razzismo? «Sono sempre stato sereno sotto questo punto di vista. Non succede spesso, ma è capitato che qualcuno mi scrivesse dei commenti offensivi online, o che mi dicesse qualcosa. Ad esempio, quando vado a fare la spesa devo essere sempre ben vestito, altrimenti le persone possono essere diffidenti nei miei confronti solo per il colore della mia pelle. Un altro esempio, è capitato una volta che ho portato mio figlio a nuoto. Mia moglie lo ha accompagnato in bagno a cambiarsi e io li ho aspettati fuori. È uscita una bambina piccola e ha iniziato a fissarmi per poi scappare via perché spaventata da me. Ma non avevo fatto niente, ero lì che ero fermo. In Italia parlano del cosiddetto “uomo nero” che in Brasile chiamiamo semplicemente “l’uomo col sacco”, che cattura i bambini che non si comportano bene. È una storia che raccontano in tanto ma che in Italia equivale all’uomo nero, per cui i bambini crescono un po’ con questa mentalità».
Il DASPO per il tifoso che ti ha insultato? «Non era la prima volta che lo faceva, questo ragazzo mi ha scritto di continuo per due mesi utilizzando parole come “devi andare allo zoo”, “devi morire”. Per questo con la Roma abbiamo deciso che dovevamo fare qualcosa».
Differenze nella vita tra Milano e Roma? «A Milano è più facile vivere, è più facile muoversi. Io e mia moglie siamo cambiati da quando siamo in Italia, viviamo lontano da tutti e c’è una ragione se le nostre vite si sono incontrate. Mia madre e tutta la mia famiglia mi hanno aiutato nel percorso da calciatore, hanno lavorato duro per darmi il meglio possibile. Non eravamo poveri, eravamo una famiglia normale con mio padre che ha sempre lavorato per non farci mancare niente».
Gli inizi? «Ho fatto tutta la trafila con l’Internacional de Porto Alegre, poi Jorge Fossati, l’allenatore, mi vide giocare e chiese di me: “Chi è quel ragazzo?”. Gli parlarono di me, quel giorno giocavo da terzino anche se di solito faccio il centrale eppure gli piacevo. Da quel giorno, ho iniziato ad allenarmi con la Prima Squadra, sino al debutto in Copa Libertadores. Purtroppo poi Fossati andò via e arrivò Celso Roth, con il quale comunque mi ritagliai il mio spazio. Questa è la mia storia, poi sono partito per l’Italia».
Tornare in Brasile? «Ho ricevuto due offerte dal Flamengo, li ho ringraziati ma ho rifiutato. La prima chiamata è arrivata quando il tecnico era ancora Abel Braga, la seconda appena Jorge Jesus si è preso la panchina (nel 2019, ndr). Ne ho parlato con Juan (ex difensore della Roma, ndr), che da piccolo era il mio idolo e porta il mio nome, è stato una leggenda nella Roma e nella Seleçao. Ho ringraziato il Flamengo, quando ti chiama una squadra così importante devi farlo, ci ho pensato due volte prima di rifiutare. Ho dovuto farlo perché non era il momento giusto, la mia famiglia si trova bene a Roma e io sto facendo bene con la Roma. Sto bene in questo club, poi sono ancora giovane perché ho 28 anni. Se non molli mai, se sai quello che vuoi, puoi ottenere tutto».
L’importanza di Spalletti nella vita di Juan Jesus ?
Il difensore della Roma si racconta a #DAZN ⚽ pic.twitter.com/Y2BQfFfIft— DAZN Italia (@DAZN_IT) February 14, 2020
FONTE: DAZN